Diplomato in Canto Jazz presso il Conservatorio “G. Paisiello” di Taranto e vincitore di numerosi premi, come Premio del Miglior Arrangiamento e Miglior Interprete alla 23a edizione del Festival degli Autori di Sanremo. Nel 2014 vince la Targa per il Miglior Testo alla 6a edizione del Premio “Bruno Lauzi” e sul podio del Premio Lunezia con il brano prodotto da Roy Paci “Senza dire niente (Mio padre)”, impegnato nel, e del format per artisti emergenti Milano Cantautori, di cui è ideatore e conduttore, l’intervista di oggi ci racconta un artista veramente di spessore. E come non citare l’impegno internazionale con la Compagnia Berardi Casolari nello spettacolo “Io provo a volare!”, omaggio a Domenico Modugno.
Impegnato recentemente nella promozione del brano Rider, scopriamo una figura ricca di esperienze, pregiate e di alto livello, di significato ed impegno. Non meno importante è il talento e la passione che, grazie agli studi accademici precedentemente citati, e non solo, fanno di Berardi un artista da salvare nei preferiti e riascoltare giorno dopo giorno. Lo ringraziamo per il suo tempo e la bella intervista che leggiamo a seguire.
Com’è nata la passione per la musica?
In casa mia è stato molto naturale avvicinarsi alla musica: c’erano i due fratelli più grandi che negli anni ’90 formavano le classiche band delle cantine,
mio padre che collezionava vinili degli anni ’70 e mia mamma che da giovane cantava in oratorio, in casa aveva sempre la radio accesa.
Cosa significa e com’è nato il nome “Berardi” e il suo personaggio?
Berardi è il mio cognome reale e segna il passaggio ad un nuovo progetto, più indie-pop oriented, sempre legato alla matrice cantautorale da cui provengo (Davide Berardi). Volevo lanciare un marchio identitario che in qualche modo riconducesse a me e quindi ecco BERARDI
Come è stato concepito il singolo “Rider”?
Rider è nata quasi d’istinto, una sera durante il primo lockdown, dopo aver ordinato la cena ed incontrato un vero rider che me l’ha consegnata. Lui molto scrupolosamente aveva guidato tutto il tempo la bici con una sola mano, per non tenere nello zaino pizze e gelato insieme, rischiando di farsi male sul serio. Questo suo eccesso di zelo mi aveva sorpreso e fatto sentire quasi in colpa, per poi lasciarmi senza parole quando mi ha raccontato che avrebbe dovuto lavorare tre ore per guadagnare 10-12 euro. Sono riuscito a lasciargli giusto qualche spiccio di mancia che è scappato perchè il suo cellulare continuava a mandargli notifiche di prenotazioni che non poteva perdere. Allora ho pensato che era giusto fare qualcosa in più per portare alla luce la situazione di questi “eroi 2.0”
E com’è nato il suo videoclip?
L’idea del videoclip è stata appunto quella di seguire Giovanni (rider di professione) durante una serata tipo e riprenderlo tra consegne, ordinazioni, strade da cercare e bici che si rompe! Un video-info che raccontasse maggiormente la realtà già espressa nella canzone, in collaborazione con il sindacato Deliverance Milano che ci ha permesso di partecipare alla manifestazione in difesa dei diritti dei Riders, svoltasi a Milano e nelle maggiori città italiane a fine novembre, dove abbiamo raccolto altre testimonianze ed informazioni che scorrono insieme alle immagini, in cui ci sono anche le scene di quella giornata.
E l’album da cui è estratto? Oppure è in cantiere un album che lo conterrà?
Stiamo lavorando a diversi pezzi, che spero diventino un album da pubblicare nel corso dell’anno, dopo un periodo molto complicato per la musica, l’arte e molte altre categorie colpite dalla pandemia. Intanto ci godiamo questo nuovo brano e questo nuovo sound, poi in primavera chissà che non possano uscire altri brani!
Com’è stato il percorso dall’esordio ad oggi?
Molto faticoso ma molto affascinante. In realtà prima di BERARDI c’era un progetto a mio nome di cantautorato più classico. Ho deciso di rimettermi in gioco con una nuova scrittura e un sound più incisivo, perché credo nell’immediatezza di questi nuovi brani, nel bisogno urgente di comunicare in maniera diretta a chi mi ascolta. Il Covid ci ha costretti a lavorare spesso a distanza e a diversi stop and go, ma questo sotto certi aspetti è un fatto positivo, perché ci ha aiutato a prendere più tempo quando era necessario. Un cambio di pelle travagliato ma necessario, perchè sono le canzoni a chiederlo.
Quali sono le tue influenze artistiche?
La grandissima scuola del cantautorato italiano ed internazionale, alcune nuove leve della scena indie, il tutto mescolato al rock anni ’70-’80 ed ai giganti del jazz.
Quali sono le collaborazioni musicali?
L’esperienza molto intrigante di avvicinare i testi e le chitarre acustiche di un cantautore al synth pop anni 80 e al mondo visionario di Party Smith (Franz Lenti) ed ai musicisti che lui ha pensato per questa produzione ci sta dando grande entusiasmo e grande slancio: vediamo tutto questo come una metafora della vita, dal momento che mondi apparentemente lontani possono dialogare e fondersi per dare un messaggio positivo, pieno di energia e lanciare anche qualche riflessione al pubblico.
Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la musica?
Di sicuro la tematica di “Rider” invita a riflettere sulle condizioni precarie di nuovi lavori senza tutela ma nelle canzoni in generale ho voluto raccontare diverse tipologie di fragilità figlie del nostro tempo: lavorativa, sentimentale, generazionale, sanitaria ed economica. Tutte queste naturalmente ci trasmettono un comune senso di smarrimento che sembra non avere fine, un fil rouge che lega le storie e i personaggi di questi brani. Gli eroi quelli veri salvano il mondo (nei film), loro invece riescono a malapena a salvare se stessi ma, nella realtà, solo se salvi te stesso puoi salvare un altro. Alcuni lo chiamano sano egoismo, a me piace chiamarlo amor proprio che sta alla base del bene comune.
Parliamo delle pregiate esperienze di live, concerti e concorsi?
Come già detto il progetto Berardi è appena decollato ed ufficialmente ha solo pubblicato questo singolo ed il suo video.
Davide Berardi però, proviene da una gavetta lunga 15 anni fatta di studi, live nei locali, tournée nei teatri, festival, concorsi, contest, auto da caricare/scaricare e naturalmente da diversi riconoscimenti. Tutta l’esperienza che accumuli però ti torna sempre utile ed aiuta a migliorarsi continuamente.
Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?
Vedo un grande fermento che sinceramente mi piace. Ormai fare musica è diventato accessibile a tutti, è possibile produrre un album anche in casa propria, nella propria stanza, grazie ad apparecchiature sempre più sofisticate. Mi piacerebbe però che non si perda la voglia di confrontarsi, di collaborare e di crescere concretamente. Spesso sento delle idee pre-confezionate che sicuramente funzionano, fanno numeri da paura, ma non mi emozionano; partecipo a delle jam session dove si alzano sempre i soliti “boomer” a suonare. Ecco mi piacerebbe non perdere il focus, la bussola: le canzoni, le voci, i testi, gli accordi. Fare musica è prima di tutto creare bellezza, regalare emozioni. Con questo spirito due anni e mezzo fa abbiamo ideato in collaborazione con il circolo Enosud prima, e con Arci Bellezza in seguito, il format Milano Cantautori, una serata dedicata agli artisti emergenti che sentono una “emergenza” di raccontare qualcosa, rigorosamente live, in acustico, chitarra e voce. Naturalmente le serate finiscono con delle jam session pazzesche. A tal proposito vi invitiamo a venirci a trovare alla prossima data il 23 Aprile (speriamo, dai!)
Quali sono i programmi futuri?
Nei prossimi giorni rientrerò in studio e, compatibilmente con il momento, lavoreremo ad altri pezzi che usciranno nella prossima primavera.
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