Accogliamo calorosamente a MATTIA CUPELLI, musicista poliedrico che sta facendo incetta di consensi coi suoi lavori musicali. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro MONOLITH, leggiamo con curiosità l’intervista a MATTIA CUPELLI, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Affronteremo perciò aspetti musicali e di vita, MATTIA CUPELLI si aprirà a noi con quelle che sono le collaborazioni, come ad esempio con Ja.La Media Activities, Believe, le esperienze, e i progetti futuri. Entriamo nel vivo dell’intervista e diamo un caloroso benvenuto a MATTIA CUPELLI!
Com’è nata tua la passione per la musica?
Fin da piccolo ho dimostrato interesse nella musica, non so bene il motivo, probabilmente ci vedevo qualcosa di magico.
Quindi presto i miei genitori mi hanno inscritto a una scuola a indirizzo musicale, dove ho iniziato a studiare chitarra classica.
Da li non mi sono più fermato, fino ad arrivare in Conservatorio, che purtroppo ho abbandonato prima di completare gli studi.
Usa tre aggettivi (e perchè) per descrivere “MATTIA CUPELLI” e il suo personaggio,…
Mattia Cupelli non è un personaggio, appartengo ancora a quel pensiero di musicista diverso dalle industrie che creano appunto “personaggi” per fare milioni si streams su Spotify.
Non mi definisco neanche un musicista per quanto mi riguarda, capisco la semplificazione, ma è una parola che non mi piace e non mi si addice perché tende a conformare e confondere troppe categorie diverse e lontane.
Mi piace essere semplicemente un musicista, indipendente, dove l’unica regola è solo avere un’idea dietro ogni componimento, niente di più.
Come è stato concepito il lavoro MONOLITH?
L’idea dietro MONOLITH è quella della incisività culturale, del cambiamento perpetuo che crea qualcosa di nuovo, volta dopo volta.
I vari suoni presenti in questo componimento sono tutti da culture diverse, dallo shakuhachi (un flauto tradizionale giapponese) al sample corale, convergono in un muro di synth dalle sonorità moderne.
Si sa che un’immagine vale più di mille parole, ma le note non sono da meno! Il lavoro è stato valorizzato da una clip?
Certo, MONOLITH è solo il primo di altri tre singoli e video in uscita. I video provano a prendere un aspetto della musica in comunione con i temi principali dell’album. Nel primo per esempio con il videomaker abbiamo provato a creare questo labirinto con statue 3D, unendo arte classica con mezzi moderni come la 3D art. Il tema del tempo è molto importante per me, e mi piace riflettere su di esso attraverso l’essere uniamo e l’arte, nel video abbiamo provato a trasporre questa idea.
Il lavoro fa parte di una serie di uscite che culminerà in un disco?
Si esatto, MONOLITH è il primo singolo dell’album RUINS. E’ un lavoro molto sperimentale, si passa da momenti più riflessivi ad altri più eccitanti. Sicuramente è un lavoro molto diverso dal mio ultimo album di due anni fa, invece molto più “misurato” dal punto di vista sperimentale, in questo invece ho cercato di rinnovare molto il mio sound, con molti elementi nuovi e originali.
Cos’è per te l’arte, la musica?
Definire l’arte è sempre davvero complicato, e ogni interpretazione o definizione a mio avviso è solo un lato di una forma più complessa. La musica di conseguenza, data la sua natura profondamente astratta, è difficile da definire, quello che posso dire è che per me la musica può anche non dire niente, non necessariamente deve significare qualcosa, tuttavia nella mia, cerco sempre di provare a trasmettere qualcosa.
I temi che ricorrono di più in me sono il Tempo, l’arte e la spiritualità dell’uomo, e la sua natura.
Quali sono le tue influenze artistiche?
Negli ultimi anni sono stato fortemente influenzato dalla musica elettronica in generale, tra i miei artisti preferiti ci sono Nicolas Jaar, che mi ha fortemente influenzato, adoro ogni sua opera, un grande maestro di suono e sopratutto musicalità, ma anche Nils Frahm, che è sicuramente il compositore che ha portato innovazione e freschezza nel panorama “neo classico”, uno dei più gradi attualmente secondo me.
Adoro anche i suoni super distorti di Ben Frost, uno stile inconfondibile e un approccio totalmente nuovo ad un certo tipo di musica, in MONOLITH c’è molto di lui.
Quali sono le tue collaborazioni musicali?
In generale a livello di discografia non ho mai cercato e avuto collaborazioni, mentre per quanto riguarda altro, ho firmato diverse colonne sonore sparse per il mondo, alcune delle quali sono molto orgoglioso.
Sono un musicista molto geloso dei miei brani e delle mie cose, spesso trovo difficile collaborare con altri, purtroppo, spero con il passare del tempo ti trovare persone creative con le quali veramente fare qualcosa di grande.
E le collaborazioni con Ja.La Media Activities, Believe nel lavoro in promozione?
Dopo aver firmato per Believe l’anno scorso ho pensato che sarebbe stato ottimo per dare uno scossone al mio percorso artistico, quindi ho contattato Ja La Media Activities per rendere questo scossone reale, e dare modo alla mia musica di raggiungere un nuovo livello.
Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?
Come già detto prima, ho dei temi ricorrenti a cui tengo ai quali mi ispiro per le mie composizioni, come il passare del tempo, l’arte e di come i due siano legati all’essere umano, chi siamo e chi siamo stati, da dove veniamo, chi eravamo e quindi dove saremo domani.
Ho trovato il modo di comunicare il tutto anche attraverso la mitologia, che adoro, in qualche modo gli antichi avevo già intuito quello che sappiamo oggi, dopotutto alla fine siamo quelle stesse persone.
Parliamo delle tue pregiate esperienze di live, concerti e concorsi?
Purtroppo non ho ancora avuto modo di sviluppare i miei live show, spero di farli in futuro. Sicuramente la situazione coronavirus non ha aiutato a cominciare a muovermi da questo punto di vista ma spero di farlo al più presto.
Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?
Nel mio genere purtroppo non esiste una vera e propria scena musicale in Italia, nell’ambito neo-classico ci sono quei 3/4 grandi nomi e una miriade di cloni dietro, uno dei quali sono stato io stesso, mentre per quanto riguarda una scena di musica elettronica più raffinata e sperimentale in Italia non vedo cosi tanto eccitamento in generale purtroppo.
Più in generale parlando della musica italiana mainstream, personalmente ho pochissimo interesse, è quanto di più lontano da me, nonostante a volte riesco a divertirmi ascoltando qualcosa. In Italia per nostra sfortuna semcomponimento esserci solo due generi attualmente che creano una vera e propria rottura generazionale, e se sei fuori dai quei generi di riferimento, purtroppo non sei rilevante a mio avviso, almeno in Italia.
Oltre al lavoro in promozione quale altro componimento ci consigli di ascoltare?
Essendo RUINS un nuovo percorso artistico, vecchi brani non aiuterebbero se non per differenza a comprendere bene questa nuova musica.
Tuttavia nell’album sono presenti diversi brani molto interessanti secondo me, per esempio EURYDICE e TIME, dove ho provato a sorpassare i vari cliches pianistici dando un suono e una struttura diversa, più vicina all’ambient che alla neo-classica.
Come stai vivendo da musicista e persona questo periodo del covid-19?
Un periodo veramente difficile dal punto di vista artistico. Nel primo vero lockdown c’è stato un momento in cui in studio tutto sembrava uguale ma in realtà non lo era, c’è sempre stato uno strano rumore di fondo che avvelenava la mia creatività. Nonostante questo alla fine sono riuscito a finire il mio album, ma è stato davvero difficile senza i vari input esterni che ti simulano a creare un qualcosa ad arrivare a completare qualcosa, davvero un periodo strano.
Progetti a breve e lungo termine?
Per ora sono concentrato sul creare una nuova storia da raccontare per il dopo RUINS, sto sperimentando tante nuove idee e esplorando nuovi territori, che spero trovino una forma al più presto.