Intervista all’Antonio Bonazzo quartet

Un acronimo ABQ, che cela dietro il nome del leader Antonio Bonazzo e un mix di culture, percorsi ed esperienze diverse ma che si fondono in un quartetto molto interessante. Dalla sperimentazione più rigorosa, fatta di sfaccettature e tentativi estemporanei, fino ad arrivare a un sound e un equilibrio di suoni ed interplay, tutti da scoprire. Le influenze partono dalla musica classica, al jazz, alla musica contemporanea, ma anche alle correnti elettroniche e pop. Grazie ad Antonio Bonazzo di condividere il tuo tempo con noi e conoscere di più di questo straordinario gruppo, e di come è nato il nuovo lavoro “I bemolli sono blu”, di cui scopriremo l’origine del particolare nome!

Com’è nato il nome del gruppo AB quartet?

Il nome sta per “Antonio Bonazzo Quartet” ma così mi sembrava troppo lungo quindi ho lasciato solo AB. In questo modo possiamo usare anche anche l’acronimo “ABQ” che funziona molto bene.

Qual’è il background di ciascun componente?

Io (Antonio Bonazzo), Francesco Chiapperini (clarinetti) abbiamo fatto gli studi classici in conservatorio mentre Cristiano da Ros (contrabbasso) e Fabrizio Carriero (batteria) vengono direttamente da accademie jazz ma ognuno di noi ha fatto esperienze negli ambiti musicali più disparati. Dopo alcuni anni di carriera concertistica io mi sono dedicato prevalentemente alla composizione alla musica elettronica e al jazz. Cristiano dopo aver frequentato la Berklee College of Music ha collaborato con danzatori e attori in progetti di commistione fra musica danza e recitazione. Francesco e Fabrizio collaborano da anni con musicisti del panorama free jazz milanese con progetti personali e non. Il progetto AB Quartet, nato come gruppo di sperimentazione, si è evoluto perfezionando il suo sound unico fino al lancio del primo album in studio “OUTSIDING”, registrato nel luglio 2016.

Quali sono le vostre influenze musicali come singoli e come gruppo?

In generale ascoltiamo un po’ di tutto, dalla musica antica al free jazz, dalla contemporanea al metal ma il nostro comune denominatore è l’interesse per l’improvvisazione radicale.  Tra le influenze più evidenti come gruppo c’è quella del free jazz, in particolare musicisti come Eric Dolphy o Cecil Taylor, ma anche la musica elettronica, Underworld, Prodigy, Aphex twin, e sicuramente certo jazz contemporaneo tipo EST e Gogo Penguin. Queste influenze a tutto tondo contribuiscono a creare il sound ABQ così eterogeneo e difficile da inserire in una categoria musicale specifica.

Com’è nato il vostro nuovo album “I bemolli sono blu”?

In occasione del centenario dalla morte di Claude Debussy nel 2018 abbiamo deciso di propone un progetto basato su arrangiamenti di musica del grande compositore francese. I temi originali sono trattati con una certa libertà ma quando anche siano nascosti o solo accennati riecheggiano comunque inconfondibili le atmosfere di Debussy. Il titolo “I bemolli sono blu” è

preso da una frase all’interno di in una lettera di Debussy in cui parla della sua visione della musica legata principalmente ad aspetti extramusicali come il colore.

Quali collaborazioni avete stretto nel vostro percorso?

Singolarmente abbiamo collaborato con diversi importanti musicisti tra cui Cavallanti, Tononi, Zambrini, Mimmo e tanti altri ancora mentre come gruppo siamo più interessati a collaborazioni con altre forme d’arte come teatro, danza, istallazioni multimediali etc.

Programmi/concerti/eventi per il futuro?

A breve abbiamo diversi concerti per la presentazione del disco mentre stiamo cominciando a lavorare ad un nuovo progetto in collaborazione con un progetto vocale.

https://jazzreviews.it/interviste/abq-il-racconto-di-un-quartetto-jazz-fuori-dal-comune/