Semplice(mente) i FLAC!

Semplice(mente) i FLAC!

Dalla splendida città di Palermo, arriva questa band dal nome tecnologico: i FLAC. Impegnati nella promozione del componimento “Semplice” il gruppo ci concede una simpatica e curiosa intervista, da cui emergono empatia e contenuti. In pratica due elementi di cui un vero artiere, e una vera band, devono sempre disporre, qualsiasi sia il genere musicale adottato.

Perciò, fra le interviste che abbiamo il piacere di leggere, questa dei FLAC per me rappresenta un racconto di una band di grande spessore e dalle interessanti e proficue esperienze/collaborazioni, narrate con brio e simpatia; un piacere, nel piacere.

A voi, i FLAC!

 

Com’è nata la passione per la musica?

Penso che ognuno di noi tre ha una storia diversa da raccontare, io (parla Ross) posso solo dirvi che ad ogni ricordo dell’infanzia o dell’adolescenza abbino un componimento dell’epoca, e questo lo devo ai miei genitori e ai miei fratelli che da sempre mi hanno indottrinato musicalmente. 

Cosa significa e com’è nato il nome “FLAC” e il suo sound?

Be’ flac è un acronimo inglese di un formato audio ad alta risoluzione, ovvero il free lossless audio codec. Per noi era un modo giocoso per comunicare col pubblico, insomma volevamo sin da subito dire a chi ci seguiva che l’obiettivo era quello di fare musica di qualità. Il sound attuale invece è frutto di un percorso artistico che ci ha visto sperimentare parecchio. Pensiamo di essere ancora in una fase evolutiva, a dirla tutta. 

Come è stato concepito il singolo “Semplice”?

Nel modo più classico, eravamo a casa insieme e da un riff di chitarra di Devvo si è aggiunto un bel giro di basso di Francesco. Successivamente ho aggiunto questo testo molto intimista. 

E com’è nato il suo media?

Be’, siamo sempre stati attenti ai video, proprio come una forma d’arte a sé. Tuttavia in tempo di Covid, con le forti restrizioni presenti e tutte le problematiche del caso, abbiamo optato per una soluzione facile da realizzare ma al contempo molto simbolica. 

E l’album da cui è estratto? Oppure è in cantiere un album che lo conterrà?

L’ambizione più grande per una band è sempre quella di un nuovo album. Noi ne parliamo da tempo, ma al momento ci siamo più concentrati su un percorso musicale da fare, singolo dopo singolo. 

Poi si vedrà. 

Com’è stato il percorso dall’esordio ad oggi?

Per noi più di altri è valsa la regola delle montagne russe. Un Up & Down continuo di emozioni, soddisfazioni e delusioni. Di certo c’è che adesso ci sentiamo in una fase creativa del tutto nuova e differente rispetto agli esordi. Sentiamo nel profondo che abbiamo qualcosa di forte da poter dire…

Quali sono le vostre influenze artistiche?

È sempre stato chiaro per noi che i capisaldi musicali di riferimento fossero di stampo anglosassone o americano: dai Queen ai Led zeppelin, dai Red hot chili peppers ai Queens of the stone age (ad esempio). 

Ma tutto ciò non ha nulla a che fare con quello che componiamo, be’ forse in parte, in passato, ma adesso siamo molto più attenti a tutto ciò che ci circonda, soprattutto in Italia. 

Quali sono le collaborazioni musicali?

Be’, possiamo vantarci di aver collaborato con gente di spessore come Jacopo Volpe, Federico Nardelli o Vincenzo Mario Cristi con cui tutt’ora collaboriamo. 

In futuro chissà… a me personalmente piacerebbe duettare con Veronica de La Rappresentante di Lista, la trovo magnifica in ogni suo aspetto. 

Quali sono i contenuti che volete trasmettere attraverso la musica?

In passato siamo stati criticati (anche parecchio) per i troppi testi di stampo sociale. Oggi ci stiamo concentrando molto di più sulle emozioni personali e interpersonali di ognuno di noi, ma non ci precludiamo nulla, Niente è più reale né è un esempio. 

Parliamo delle pregiate esperienze di live, concerti e concorsi?

Nel 2014 abbiamo vinto la sezione regionale del soundTru indetto da Warner e Trussardi, poi vincemmo anche il premio nazionale di Feltrinelli, con Sony. Ma ormai è storia passata. Ciò che ci inorgoglisce di più sono stati i due anni di tour per “San Lorenzo”, il nostro secondo album, in giro tra Francia, Svizzera e Italia, tutto organizzato da noi con la collaborazione di un’infaticabile amica che poi divenne la nostra booker estera, Irene, che non smetteremo mai di ringraziare pubblicamente. 

Cosa ne pensate della scena musicale italiana? E cosa cambiereste/migliorereste?

La creatività in Italia non è mai mancata, la scena contemporanea è molto fervida, soprattutto nello strato sub urbano, quello meno conosciuto. Tuttavia in Italia esiste un problema culturale non facilmente risolvibile, ovvero una marcata predisposizione a non voler ascoltare e di conseguenza scoprire musica nuova, artisti non famosi. Non so onestamente se tutto ciò cambierà.

Oltre al lavoro in promozione quale altro componimento ci consigliate di ascoltare?

Ahahah ma sarebbe come chiedere a un padre qual è il suo figlio preferito! 

Vabbè, se dobbiamo proprio scegliere, ve ne suggeriamo due che per noi rappresentano simbolicamente la nostra crescita artistica. Il primo è Labirinto del 2013, componimento che ci ha permesso di emergere. L’altro è Tra le mani del 2017.

Come state vivendo da artisti e persone questo periodo del covid-19?

Be’, penso come tutti quanti. Ci manca suonare dal vivo, chiaro. Ma allo stesso tempo, questa situazione ci ha stimolato a reinventare un nuovo modo di scrivere e di rapportarci con le persone. 

Quali sono i programmi futuri?

Intanto promuovere questo nuovo singolo in cui crediamo tanto. Non potendo suonare dal vivo stiamo lavorando molto per completare quanti più brani possibili. 

Abbiamo vari obiettivi da raggiungere ma per il momento preferiamo tenerli per noi.