Straordinaria intervista oggi a Giuseppe Vorro, artista poliedrico che sta spopolando nelle piattaforme musicali. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro Su queste parole, pubblichiamo con estremo interesse l’intervista a Giuseppe Vorro, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Entriamo più a fondo nella vita e nelle opere, Giuseppe Vorro ci condividerà con quelle che sono le collaborazioni, fra le tante, quelle con Red&Blue, le esperienze, e i progetti futuri. Entriamo nel vivo dell’intervista e diamo un caloroso benvenuto a Giuseppe Vorro!
Com’è nata tua la passione per la musica?
Guardavo e ascoltavo in casa mio padre che suonava in particolare la chitarra oltre al violino e canticchiava le canzoni napoletane della sua gioventù. Poi una cosa miracolosa che accadeva era che in alcuni momenti da piccolo in cui soffrivo di forti mal di testa il suono della chitarra di mio padre mi alleviava molto.
Poi per imitazioni presi anche io in mano la chitarra e iniziai il mio percorso musicale fin da 12-13 anni quando cambiammo casa e in un solo colpo persi tutte le mie amicizie preadolescenziali e mi ritrovai in un altro ambiente a ricominciare da capo e la chitarra mi aiutò a sentirmi meno solo. Pochi dischi, molta radio e musica diretta fatta in casa il mio primo background musicale. Anche mio nonno omonimo paterno suonava più strumenti ed è come se lo avessi conosciuto dai racconti che mio. Inoltre, atti teatrali per hobby e addirittura un suo soggetto arrivò al produttore cinematografico Delaurentis che se ne mostrò interessato. Quindi c’era dell’arte intorno a me ed io ne trassi beneficio.
Cosa significa e com’è nato il nome Giuseppe Vorro e il suo personaggio, il suo sound?
E’ il mio vero nome e come già detto omonimo di mio padre paterno. Cerco di essere vero e non di costruirmi addosso un personaggio. Per quanto riguarda il sound ha diverse sfaccettature che vanno dal jazz con cui mi sono costruito da giovane e quindi con una grande esplorazione armonica al rock dai riff avvolgenti e potenti oltre alla ritmica funky che non tiene fermi. E non dimentichiamo la canzone napoletana con il suo impianto robusto e affascinante.
Da un incontro o da uno scontro, tutto può essere ispirazione. Com’è nato il lavoro Su queste parole?
Se si intende come scrittura è scaturita da un momento sconfortante di segno avverso che richiedeva una reazione che è stata appunto la canzone. E’ nata su qualche accordo aperto di chitarra per le strofe e una sequenza armonica blues per il ritornello. La prima versione del brano l’ho realizza personalmente con una strumentazione prettamente elettronica che è presente nel disco “Perla tangente” presente online. Per la versione attuale mi sono avvalso di strumentisti pop-rock con cui si è arrangiato il brano in una forma un po’ psichedelica e una sottolineatura rock nella parte bluesaggiante. Il tutto nato abbastanza spontaneamente in quanto la canzone si impone e dirige lei l’orchestra.
Si sa che un’immagine vale più di mille parole, ma le note non sono da meno! Il lavoro è stato valorizzato da una clip?
Certamente c’è un videoclip realizzato da Gianluca Pedrazzi che si è ben immedesimato nell’anima della canzone che io gli ho spiegato per bene almeno per quanto riguarda la parte più consapevole. Quindi ha trovato i colori giusti, le inquadrature più efficaci nonché l’ambientazione metropolitana che porta odore di solitudine e grandi cose da esprimere ma ancora inespresse. Un limbo da cui muoversi o in avanti o indietro.
E l’album da cui è estratto? Oppure è in cantiere un album che lo conterrà?
Si fa parte di un Album e per adesso è presente online in forma di singoli e questo è il penultimo. Mi è sembrato il più rappresentativo dell’intera collezione e quindi è stato selezionato per la campagna promozionale. Entro fine anno uscirà l’ultimo singolo e poi verrà composto il disco nella sua interezza. Si chiamerà “In Band” in quanto realizzato con una band pop-rock e riprende alcuni brani del mio repertorio dandogli una veste più da live.
Cos’è per te l’arte, la musica?
L’arte è una forma d’espressione, la più libera, che si sviluppa in diverse discipline e che aiuta l’uomo ad elevarsi dalla propria condizione materiale che spesso è claustrofobica. La musica è una forma d’arte che riesce a far comunicare tra loro i diversi popoli attraverso un linguaggio universale anche se scaturisce in forme diverse dalle varie culture.
Quali sono le tue influenze artistiche?
Come già accennato precedentemente la canzone napoletana l’ho assorbita da piccolo per la presenza di mio padre. Più grandicello ho ascoltato su dischi abbastanza musica jazz degli anni 50 e 60 per poi arrivare a miles davis del periodo elettrico. Per la scrittura delle canzoni mi ha molto influenzato Lucio Battisti che ha forgiato la canzone italiana dalla fine degli anni Sessanta in poi. I testi del cantautorato degli anni 70 sono stati molto illuminanti. Infine, le band rock più importanti americane e inglesi con il fulcro nei Beatles. Un innamoramento particolare, oltre a Battisti va poi a Prince e Bowie. Mi sono immerso in un certo periodo anche nel progressive italiano una grande esperienza musicale nostrana da non dimenticare.
Quali sono le tue collaborazioni musicali?
Nel primo disco “In fede” ho avuto la fortuna e il piacere di lavorare con Niccolò Lapidari, che ha realizzato tutti gli arrangiamenti tranne uno, che poco dopo ha partecipato come paroliere al disco “Argilla” di Ornella Vanoni. Poi nel disco “Timidi occhi neri per dolci occhi chiari” in tre brani ha partecipato nella produzione e nei cori Lele Battista leader del gruppo La sintesi e poi da solo ha anche partecipato ad un Sanremo nei primi anni 2000. Conoscendo da lunga data Alberto Radius volevo proporgli di produrmi almeno un brano con la presenza della sua inimitabile chitarra ma purtroppo se ne è andato prima che questo potesse realizzarsi.
E la collaborazione con Red&Blue nel lavoro in promozione?
Avevo già avuto dei contatti negli anni precedenti per il discorso promozionale ma poi non se ne fece più niente. Per quest’ultimo brano ho voluto avvalermi del loro apporto professionale e artistico che speriamo possa dare frutti per entrambi.
Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?
Senz’altro la libertà, la non convenzionalità. Il coraggio di intraprendere percorsi poco battuti e lontani dalla commerciabilità spinta. Inoltre, il respiro internazionale per non chiudersi nel mainstream nazionale un po’ troppo chiuso su se stesso.
Parliamo delle tue pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi?
Ho fatto dei concorsi ma ne sono uscito sempre con le ossa rotte. Di concerti ne ho fatti parecchi quando ero più giovane con la band con cui suonavo come chitarrista. In tal ambito da far rilevare il concerto, nei primi anni ’90, nel palazzetto di Cologni Monzese di tutte le band, tra cui la nostra, che avevano partecipato alla compilation Malambro, in apertura al successivo live degli Skiantos. Con la mia band successiva a questa ci siamo esibiti poi all’interno di un concorso con il brano “Invito al viaggio”, presente nel mio disco Abbandonati, al Rolling Stones storico locale di concerti di Milano ora dismesso. All’attivo ho 5 Album compreso quello che uscirà a breve. Inoltre, sono già usciti dei singoli di miei brani cantanti dal cantante Zach in lingua inglese e altri ne usciranno nei prossimi mesi per poi comporre un album di 8 canzoni tratte dal mio repertorio. Sono già stati realizzati brani inediti con un sound più contemporaneo che vedranno la luce nel 2024 in forma di pubblicazione.
Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?
Mi sembra che ci sia molta convenzionalità e conformismo e non tanto coraggio. Prima l’indie e poi la trap hanno cercato di smuovere le acque ma poi queste si sono nuovamente calmate. Sul versante rock qualcosa si è visto ma forse un po’ troppo easy listening. C’è una cappa che un po’ mortifica fare musica in Italia. Tutto si muove in funzione del marketing e chi dirige viene più spesso dalla Bocconi che dai conservatori o dalla strada della musica. Ci vorrebbe un po’ più di ribellismo e comunione fra gli artisti che spesso si spalleggiano fra loro piuttosto che cooperare. Alcuni gruppi fanno sistema ed escludono tutti gli altri.
Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigli di ascoltare?
Un brano che è cresciuto da solo in piena autonomia con mia grande sorpresa è “Ho scritto”, dal disco Abbandonati, che mi sta dando soddisfazioni. Un brano più rock e piuttosto articolato. Inoltre, posso segnalare il pezzo “Indipendente” uno sferzante brano punk-rock. Infine, un brano più soft ma ricco armonicamente dal titolo “Smeraldo” con anche la versione inglese, cantata da zach, “Emerald”.
Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
Far diventare la mia musica la mia attività principale e avere un riconoscimento che finora ha stentato ad esserci. Io proseguo nel mio percorso, comunque, indipendentemente dai sogni lascio alla notte di san Lorenzo.