Da Lavanda a tutta la sua vita, giù la maschera per De Nardo

Da Lavanda a tutta la sua vita, giù la maschera per De Nardo

Con grande riconoscenza diamo il benvenuto a De Nardo , artista poliedrico che raccoglie consensi a go-go. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro Lavanda, condividiamo con piacere l’intervista a De Nardo , grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Entriamo più a fondo nella vita e nelle opere, De Nardo si confiderà con noi con quelle che sono le collaborazioni, come ad esempio con Red&Blue, le esperienze, e i progetti futuri. Tuffiamoci in questo mondo speciale e diamo un caloroso benvenuto a De Nardo !

Com’è nata tua la passione per la musica?

È nata. Qualcuno mi prende in giro perché non sono quel che si dice un ascoltatore di titanio. Mi sfuggono spesso titoli di canzoni famosissime e certe volte confondo Graziani con De Gregori. Però ogni volta che mi capita di ascoltare – che so? – La sera dei miracoli di Dalla mi si fanno gli occhi lucidi. Sarò banale: amo la musica perché mi emoziona.

Descrivi “De Nardo ” e il suo personaggio, i suoi pregi e i suoi difetti

Il personaggio è meno affabile della persona. De Nardo è piuttosto riservato. Non parla volentieri di sé.

Come è stato concepito il lavoro Lavanda? 

Di getto. Per tre giorni non ho fatto altro che scrivere, scrivere, scrivere. È una traccia molto personale. Parla di me perché parla delle mie letture. È il solo modo che conosco per raccontarmi: dire di quel che leggo. 

E com’è nato il suo videoclip? 

Al momento non è in programma. Mai dire mai.

Il lavoro sarà contenuto in un EP/Album? 

Parlarne è prematuro. Confesso, però, d’aver cominciato a presentare dal vivo certe mie canzoni come “fiori donati, ovvero amori disperati”.

Studi, gavetta, sudore e soddisfazioni… vogliamo conoscere la tua storia, tutto il suo percorso!

Faccio uno sforzo. Sono laureato in Filologia Moderna, lavoro all’Univesità degli Studi di Napoli “Federico II” come cultore della materia. Ho iniziato a suonare il pianoforte da bambino, per costrizione più che per scelta. Scrivo canzoni dai tempi del liceo. Come dicevo, leggo moltissimo. Mi aiuta a comporre.

Quali sono le tue influenze artistiche?

Mi sono formato col prog anni ’70. Da ragazzino ho consumato Atom Heart Mother dei Pink Floyd e The lamb lies down on Broadway dei Genesis. Dopo l’adolescenza, ho scoperto i grandi cantautori. Su tutti, Leonard Cohen e Lucio Dalla. Al primo posto, però, c’è Francesco Bianconi dei Baustelle, che amo smisuratamente.

Quali sono le tue collaborazioni musicali?

C’è Francesco Pio Trabucco, in arte TraB, producer e cantautore. Saranno tre anni che collaboriamo. È fortissimo: mi ricorda di continuo che musica ricercata non vuol dire ricerca a ogni costo d’una partitura cerebrale. Poi c’è Roberto Stanzione, uno dei miei amici più cari. È batterista e dispone d’una cultura musicale mostruosa. Suoniamo insieme da che siamo ragazzini. Non c’è intenzione di smettere.

Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte? 

L’intenzione dell’autore decade appena l’opera è rilasciata al pubblico. La soppianta l’intenzione dell’opera stessa. Non spetta a me spiegarla: permane nelle note e chiede a ciascun ascoltatore d’essere svelata.

Parliamo delle tue pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi? 

Tabula rasa. Lavanda segna un nuovo inizio. Quel che è stato prima, conta poco. Seguite i miei canali social per aggiornamenti sulle prossime esibizioni dal vivo.

Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?

Credo si stia attraversando una fase di ristagno creativo. Non ne faccio un dramma, la buona musica è ciclica. A ogni modo, nessuna generalizzazione: ci sono artisti contemporanei che stimo moltissimo. Qualche nome: Comacose, Calcutta, Thasup, Venerus. Fuori categoria Caparezza e – naturalmente – i Baustelle. La musica che mi piace non è piaciona, anche se orecchiabile.

Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigli di ascoltare?

La mia libreria s’ha tutta da fare. Lavanda è un punto di partenza. Semmai consiglio di restare sintonizzati. Nel frattempo, date un ascolto a Il laboratorio – Che ne sanno gli uragani. È un side project interessantissimo, ideato tra i corridoi dell’Università con colleghi e studenti.

Progetti a breve e lungo termine? 

Verso fine novembre uscirà il mio secondo singolo. Si chiama Zingara. Si propone l’arduo obiettivo di tenere insieme Cesare Pavese («Verrà la morte e avrà i tuoi occhi») e sonorità urban. Non mi spingo oltre: «Il futuro era una nave tutta d’oro che noi pregavamo ci portasse via lontano», cantano i Baustelle.