Nel referendum indetto dal mensile specializzato “Musica Jazz” arriva un altro prestigioso riconoscimento per l’ensemble milanese diretto dal batterista
e compositore Ferdinando Faraò. Che commenta: «Nonostante le difficoltà del momento, che riguardano soprattutto i grossi organici, l’Artchipel non si è mai fermata e lo scorso anno abbiamo pubblicato due album. Le orchestre?
Fanno ricerca, divulgazione, sperimentazione e sono una risorsa preziosa
per il jazz italiano. Credo che il loro ruolo debba essere valorizzato»
MILANO – C’è anche una folta rappresentanza della scena jazz milanese tra le band e i musicisti più votati dalla critica specializzata nel referendum “Top Jazz 2020” indetto dalla rivista “Musica Jazz”, i cui risultati sono stati resi noti nei giorni scorsi: l’Artchipel Orchestra, prodotto in divenire del batterista, compositore, arrangiatore e direttore Ferdinando Faraò, è stata, infatti, inserita nella top ten all’interno della categoria “Miglior gruppo italiano”. Quest’anno l’Artchipel, che era stata già protagonista del prestigioso referendum vincendo le edizioni del 2012 e del 2017 e che si era piazzata seconda nel 2014, si è classificata all’ottavo posto.
Si tratta di un ulteriore, importante, riconoscimento del lavoro svolto dalla formazione milanese, che l’anno scorso ha compiuto i dieci anni di attività: il collettivo è nato infatti nel 2010 da un’idea di Ferdinando Faraò, che così commenta i risultati dell’ultimo “Top Jazz”: «Artchipel è l’unica orchestra tra i gruppi più votati e crediamo che questo dato sia indicativo delle difficoltà che incontrano oggi i grossi organici. Esistono, nel nostro Paese, diverse orchestre, realtà meravigliose presenti in tutto il territorio nazionale che coinvolgono tanti musicisti in qualità di esecutori, compositori e arrangiatori. Realtà che fanno divulgazione e ricerca, che mettono insieme diversità, che favoriscono scambi e incontri e che costituiscono, a mio avviso, una realtà importante per tutto il jazz italiano. Occorrerebbe una forte presa di coscienza delle potenzialità di queste formazioni da parte di tutti, a cominciare ovviamente dagli organizzatori e dai direttori artistici dei festival. Recentemente è stato organizzato, a Bologna, il primo convegno delle Orchestre nazionali di jazz indetto dall’associazione Jazz Network, con lo scopo di dare vita a un coordinamento nazionale. Mi auguro che tutto ciò possa realizzarsi al più presto, non appena la morsa del Covid si allenterà. Confidiamo, inoltre, di recuperare i concerti della scorsa estate, saltati purtroppo a causa dell’emergenza sanitaria, tra cui quello in programma a Perugia nell’ambito del prestigioso festival Umbria Jazz».
Il recente riconoscimento dei critici di “Musica Jazz” assume un significato particolare in tempi di pandemia, tanto più che, nonostante lo stop alla musica dal vivo, ai festival, ai concerti e alle rassegne, in realtà l’attività dell’Artchipel Orchestra non si è mai fermata. Nel 2020, infatti, la formazione milanese ha pubblicato ben due album, che hanno avuto importanti riscontri internazionali di pubblico e di critica: il primo è “Batik Africana Suite” (Ponderosa Music Records), realizzato in collaborazione con l’Orchestra di via Padova, ensemble multietnico “made in Milano”; il secondo è “Truly Yours – Musiche di Phil Miller”, allegato al numero di “Musica Jazz” dello scorso settembre. Si tratta di due lavori molto richiesti in Europa (Spagna, Francia, Olanda, Inghilterra e Germania) e Oltreoceano (Stati Uniti e Canada). Del resto, da sempre l’Artchipel Orchestra ha nel suo Dna una spiccata vocazione internazionale e può vantare prestigiose collaborazioni con musicisti del calibro di Keith e Julie Tippetts, Mike e Kate Westbrook, Karl Berger, Ingrid Sertso, Adam Rudolph, Cyro Baptista ma non solo.