Da I’ve Been Waiting For You a tutta la sua vita, giù la maschera per Giuseppe Venezia

Da I’ve Been Waiting For You a tutta la sua vita, giù la maschera per Giuseppe Venezia

Diamo oggi il benvenuto a Giuseppe Venezia, bassista e contrabassista eccezionale. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro I’ve Been Waiting For You, condividiamo con felicità l’intervista a Giuseppe Venezia, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Scopriremo interessanti retroscena musicali e di vita, Giuseppe Venezia ci condividerà con quelle che sono le collaborazioni, come ad esempio con Carlo Cammarella,GleAM Records, le esperienze, e i progetti futuri. Andiamo a capofitto a fondo e diamo un caloroso benvenuto a Giuseppe Venezia!

Com’è nata tua la passione per la musica?
La musica è sempre stata una parte fondamentale della mia vita. Il mio primo contatto risale a quando mia madre mi regalò una piccola tastiera da bambino. Passavo ore a giocare con le note. A cinque anni, ho iniziato a prendere lezioni di pianoforte da un vecchio maestro del mio paese, un’esperienza che mi ha avvicinato ancora di più alla musica. Col tempo, ho deciso di lasciare il pianoforte, ma non ho mai smesso di ascoltare. Mi sono immerso in vari generi, dal rock al pop, fino alla musica classica. I miei cugini più grandi sono stati un’importante fonte di ispirazione, condividendo dischi e storie che hanno arricchito la mia crescita musicale. Questo amore per la musica mi ha portato a scoprire il contrabbasso e a trovare la mia strada nel jazz.
“Giuseppe Venezia” vogliamo sapere di più dei tuoi superpoteri…!
Onestamente, non credo di avere superpoteri, ma a volte mi sento un po’ come Superman quando mi trovo a gestire mille impegni. Oltre alla mia carriera da musicista, quest’anno ho avuto l’opportunità di insegnare contrabbasso jazz al Conservatorio ‘Mascagni’ di Livorno. È stata un’esperienza straordinaria che ha notevolmente aumentato i chilometri che percorro ogni settimana per svolgere le mie attività. A volte mi sembra di essere più un commesso viaggiatore che un musicista, considerando le ore spese in viaggio rispetto a quelle passate realmente sul palco.
In aggiunta, gestisco la direzione artistica del Rosetta Jazz Club a Matera. Questo compito è particolarmente impegnativo: ci sono sempre grandi aspettative da parte del pubblico e dei colleghi che si propongono e, nonostante il duro lavoro, non riesco sempre a soddisfare tutti.
E poi c’è la mia adorata famiglia, a cui vorrei dedicare molto più tempo. Quando riesco a essere presente, cerco di farlo con tutto me stesso. Quindi, non si tratta di superpoteri, ma di una passione profonda per ciò che faccio. È proprio questa passione che fa la vera differenza nella mia vita e nel mio lavoro.
Come è stato concepito il lavoro I’ve Been Waiting For You?
La storia di questo progetto è un viaggio ricco di scoperte e trasformazioni. È iniziato con un’intensa fase di scrittura, dove ho dedicato tempo ed energia a comporre brani che riflettessero il mio mondo interiore e tutte quelle che sono le influenze. Alcuni di questi brani non sono entrati nel disco, ma sono certo che troveranno spazio in un futuro progetto.
La title track è un dono che mio figlio mi ha fatto. Quando l’ho visto per la prima volta, era un batuffolo d’amore e, in quel momento, ho sentito un’irresistibile voglia di cantare. La melodia che è emersa da quell’istante è quella che ascolterete nel disco, una fusione di emozioni in un solo respiro.”
Dopo la scrittura, ho avuto l’opportunità di lavorare con musicisti diversi. Queste sessioni sono state fondamentali per esplorare nuove direzioni e affinare gli arrangiamenti. Tuttavia, non è stato semplice, dato che ero spesso immerso in altre collaborazioni come sideman, il che ha reso difficile trovare il tempo per concentrarmi completamente su questo progetto.
La vera svolta è avvenuta quasi per caso, durante un concerto con Fabrizio, Attilio, Bruno e Pasquale. Suonando alcuni dei brani, ho avvertito che tutto si incastrava perfettamente, come se la musica fosse stata pronta a emergere da tempo. È stato un momento di pura magia e connessione.
Questa esperienza mi ha fatto capire quanto sia cruciale avere le persone giuste al proprio fianco. Sono immensamente grato a questi musicisti straordinari, che hanno arricchito il mio lavoro con la loro energia e sensibilità. È stato un vero onore incidere questo disco con loro”.
Studi, gavetta, sudore e soddisfazioni… vogliamo conoscere la tua storia, tutto il suo percorso!
Gavetta, ce n’è stata tanta, come per molti. Ho iniziato a suonare il contrabbasso a 19 anni, ma avevo già alle spalle anni di ascolto del jazz, circondato da una collezione di dischi che conoscevo a menadito. Inizialmente, sono stato autodidatta, ma poi ho deciso di iscrivermi al Conservatorio di Matera, sotto la guida del Maestro De Filippis, un contrabbassista classico di grande talento. Quando lui è andato in pensione, ho preso la decisione difficile di ritirarmi dal conservatorio, un passo che è stato il mio più grande cruccio. All’epoca, il mio obiettivo era solo migliorare; titoli e attestati non erano la mia priorità.
Negli anni, ho avuto il privilegio di studiare con molti musicisti, soprattutto negli Stati Uniti, cercando sempre di apprendere dai più esperti. Questa ricerca di conoscenza è un processo che continua ancora oggi.
Ho iniziato a esibirmi in concerti nel sud Italia, tra Basilicata, Calabria e Puglia, partecipando a diversi ensemble con stili di jazz variegati. Dall’affascinante Manouche, che mi ha fatto innamorare di Django Reinhardt, all’Hard Bop, fino al Dixieland e agli stili contemporanei. Queste esperienze hanno forgiato la mia formazione musicale e hanno alimentato la mia curiosità.
Un elemento fondamentale del mio percorso è stato il supporto del mio caro amico Attilio Troiano, che mi ha sempre incoraggiato e insegnato tanto. 
La mia attività principale è stata quasi sempre quella del”sideman” in tante formazioni e devo dire che sono grato a questo tipo di esperienza. Infatti, anche se da un lato ha tolto tempo a quelle che erano le mie idee e progetti, dall’altro mi ha messo in condizione di suonare con grandissimi musicisti dai quali ho imparato moltissimo.

Quali sono le tue influenze artistiche?
Sono tanti i musicisti che mi hanno influenzato nel corso degli anni, ho ascoltato tantissima musica cercando di scavare a fondo nel linguaggio. Il percorso di ascolto si è svolto a ritroso da un punto di vista cronologico: partito dalla fusion, quando ero poco più che un ragazzino, sono andato sempre più indietro. Ho avuto una profonda passione per il Jazz tradizionale ed ho passato tanto tempo ad ascoltare i grandi come: Bix Beiderbecke, Jack Teagarden, Bobby Hackett, Louis Armstrong, Bud Powell, Bird, Miles, Mingus, Monk, Oscar Peterson  e così via. Ho divorato i loro dischi e quelli degli artisti loro contemporanei, negli ultimi 15 anni ho allargato l’ascolto alle nuove generazioni del Jazz, che trovo interessantissime. 
Quali sono le tue collaborazioni musicali?
Sono tante le collaborazioni, alcune di queste mi hanno veramente dato tanto anche se sono durate poco più di qualche concerto. 
Ho avuto la fortuna di suonare con maestri del calibro di Gerry Bergonzi, Dado Moroni, Enrico Rava, Jesse Davis, Johnny O’Neal,  Jonathan Blake, Peter Bernstein, Stochelo Rosenberg, Gregory Hutchinson, Eric Reed, Emmet Cohen, David Hazeltine, Joe Farnsworth e moltissimi altri ancora, la lista è davvero troppo lunga. A ognuno di loro devo qualcosa, ognuno mi ha regalato informazioni che mi hanno migliorato come musicista. 
Cosa ne pensi della scena musicale e jazzistica italiana? E cosa cambieresti?
Il jazz in Italia è in ottima forma secondo me, abbiamo grandissimi musicisti che stanno portando avanti progetti che amo molto. Anche tra i giovanissimi ci sono profili incredibili. Ragazzi giovani che padroneggiano lo strumento con maestria, conoscono la musica e scrivono bene. Sono molto fiducioso per il futuro del jazz in Italia, se devo trovare qualcosa che modificherei nell’approccio alle giovani generazioni è la qualità dell’ascolto. Loro hanno molto più materiale disponibile a disposizione grazie a internet e questo, che può sembrare un bene, a volte cela insidie enormi. La consapevolezza di avere tutto a portata di click sta facendo perdere curiosità, si ascolta con più superficialità rispetto a prima. 
Noi avevamo accesso a un numero limitato di dischi da poter acquistare ogni mese e non c’era Spotify o YouTube, ma quei pochi dischi a disposizione li conoscevamo davvero bene. Oggi si è un po’ persa questa cosa con il risultato che molto del passato non si conosce o lo si conosce poco. 
Oltre al lavoro in promozione quale altro brano o lavoro ci consigli di ascoltare?
Oltre alla title track in promozione, consiglio di ascoltare tutte le tracce del disco. Dietro ognuna di esse c’è una storia che mi piacerebbe arrivasse a tutti. 1