Come entrare in Google News, De Benedetti docet

Quello che a volte può soprendere noi, ma magari sopratutto voi, assidui del web è che certe volte dichiarazioni molto spinte facciano il giro del mondo ma magari le sentite riferite da qualcuno dietro l’angolo o nell’ufficio vicino e ci mettete un pò a trovarle, con qualche sforzo insomma.

Al che da buon smanettone informatico il lettore medio che si ciba di web, a torto o a ragione affar suo, sente la necessità di un unico punto di accesso da cui cercare, sfogliare e accedere alle notizie, sottoinsieme delle informazioni in quanto tali nel web. E’ così soddisfatta la sua esigenza di conoscere gli avvenimenti grazie allo strumento Google News che, ditemi se mi sbaglio e anche perchè per favore, aggrega le maggiori fonti di notizie del web, le seleziona e le raccoglie in punti di accesso ristretti ma usabili e fruibili. Vedi il titolo nella sezione di notizie che ti interessa, clicchi e approfondisci, no? Quindi se non erro Google News dovrebbe essere un trampolino di lancio per un editore che dopotutto riempie ogni pertugio del proprio sito web istituzionale con banner, adsense, overlayer, interstitial, text-links e smadonnamenti di advertising vari… ah dimenticavo le skin-ads.

Non è di questo parere Carlo De Benedetti, il quale ha lanciato la sua invettiva contro Google News, al momento indagato dall’antitrust a tal proposito, il quale ritiene, secondo le sue ragioni, che Google News vive da parassita con i contenuti degli altri e fattura 400 milioni di euro l’anno non condividendo nulla con chi le scrive veramente queste notizie. (A fine articolo vi fornisco alcuni link di approfondimento, sperando di aver riportato il pensiero, o almeno il sento, sufficientemente intatto. Se non è così mi piacerebbe che mi correggeste. L’originale reciterebbe “il motore di ricerca non può vivere da parassita. Google raccoglie 400 milioni di pubblicità senza fornire alcun prodotto, lo fa fondamentalmente sui i nostri contenuti”).
Al momento una risposta di Google Italia non è pervenuta, si citano però gli interventi avvenuti in altri paesi europei come la Francia, dove è nato un motore di ricerca francese (dicono).

Personalmente, forse sarà che ho la visione di internauta che vede tutto gratis, credo che un aggregatore se fatto bene sia nient’altro che un punto di accesso per approfondire e raggiungere prima le notizie di interesse. Anzi potrebbe stimolare la persona a non dover leggere sempre e solo da una fonte a ma poter scegliere tra più fonti informative sull’argomento. Questo forse non va tanto a genio agli editori, e lo capisco pure. Però credo che se il rapporto, algoritmico -SUPPONGO-, tra Google News ed una testata giornalistica nazionale si dovesse rompere a perderci sia proprio la seconda, che magari le fà più della metà degli accessi al sito senza fare altro che continuare a scrivere contenuti.
Infine aggiungo che partendo dal presupposto noto ormai da anni che un contenuto su internet è alla stregua di tutti, sia esso riservato a pagamento o non, è impensabile farlo diventare a pagamento DOPO. O meglio è quello che è accaduto per anni (secoli?): creare un bisogno nella gente per poi fargliela pagare? Ma forse il timore è che il pluralismo della rete è tale da non permetterti queste mosse commerciali, quindi… se non accetti la condivisione nel web, non sei pronto a fornire contenuti nè ad instaurare un rapporto col lettore. Rimani offline e venditi di tuoi giornali in edicola.