CANTO DI STREGA e altre storie, raccontate direttamente da CARLO AUDINO

CANTO DI STREGA e altre storie, raccontate direttamente da CARLO AUDINO

Accogliamo calorosamente e spalanchiamo le nostre curiose orecchie a CARLO AUDINO, artista poliedrico che ci vizia e seduce con la sua arte. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro CANTO DI STREGA, approfondiamo con riconoscenza l’intervista a CARLO AUDINO, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Entriamo più a fondo nella vita e nelle opere, CARLO AUDINO ci racconterà con quelle che sono le collaborazioni, fra le tante, quelle con Red&Blue, le esperienze, e i progetti futuri. Entriamo nel vivo dell’intervista e diamo un caloroso benvenuto a CARLO AUDINO!

Com’è nata tua la passione per la musica?

Nella mia famiglia si è sempre fatta molta musica: ricordo che ogni compleanno o festa comandata era la perfetta occasione per stare tutti insieme a mangiare, giocare e cantare! Mio zio suonava la fisarmonica e mio padre la chitarra. Era quindi inevitabile che noi, figli e nipotame vario, venissimo contaggiati dalla vena artistica. Così nel 1979, ragazzo quindicenne, decisi di imbracciare la chitarra di mio padre che era appesa per la cinghia su due chiodi in sala e, grazie ai primi rudimenti forniti proprio dal mio “boss”, ho cominciato a suonarla e si è così aperta un’autostrada di possibilità ed occasioni che mi hanno aiutato sia nell’adolescenza da timido che nella vita successiva fino ad arrivare ai giorni nostri.


Il personaggio può essere una maschera, protettiva quando ci esibiamo. Calato il sipario, chi troviamo dietro CARLO AUDINO e il suo personaggio,?

Dietro alla maschera di CARLO AUDINO purtroppo (o per fortuna?) troviamo sempre Carlo Audino. Si, sembrerà strano, ma ritengo che un artista debba essere sempre quello che è, sia nella vita quotidiana che sul palco. D’altro canto di modelli finti e illusori ce ne sono già abbastanza, perchè metterne ancora di più? Questo anche per fare onore alle canzoni che rispecchiano molto fedelmente gli aspetti più o meno visibili dell’autore o anche di come egli vorrebbe diventare.


Come descriveresti la nascita di CANTO DI STREGA?

Anche il personaggio più malvagio può avere un momento di debolezza e, guardandosi indietro ed attorno, si rende conto di essere solo o comunque non con la giusta compagnìa. E così Strega Bugia intona il suo canto dopo aver rifiutato le avances dello sfigato Mago Merlino (ovviamente questa è una pura costruzione della mia mente!). E nella sua profonda crisi emotiva si accorge che qualcosa non va neanche con il suo amore di sempre: il fedele Specchiuccio ed i suoi adorati campi di grano. Tuoni e saette tutto intorno fanno da cornice a questa quantomai originale crisi sentimentale. Poi, al termine del canto liberatorio, lei ritrova tutto il suo amore per lo specchio e sente la rinnovata forza malefica rigenerata e rinforzata in tutto il suo diabolico spirito. Così “Canto di strega” nasce molti anni fa tra i banchi del liceo Classico anzi, per l’esattezza, fu scritta in una parete del bagno maschile del Liceo che allora frequentavo a Velletri (RM), tradizionalmente adibita da noi studenti a luogo dove lasciare epitaffi. La cosa curiosa fu che una decina di anni dopo la mia maturità andai a trovare i miei vecchi professori e ad un certo punto, avendone la necessità, entrai proprio in quel bagno. Avevo del tutto dimenticato di aver scritto la mia composizione tra una marea di altre dediche su quelle mura e quando me lo trovai davanti rimasi sbalordito! Le pareti erano state rinfrescate e pitturate per varie volte ma quel testo era sempre stato lasciato li per tutti questi anni! Ne rimasi piacevolmente sorpreso. Nella costruzione dei suoni sono stati scelti quelli che meglio si adattassero ad una scena così tetra: quindi spazio ad organi severi e maestosi insieme a chitarre distorte e voci che affogano nel nulla soffocante, oltre a spinette e violoncelli. Importanti i respiri che separano le varie parti del brano. Un tuono scandisce la fine della crisi e la ripresa della normale vita della strega. Infine la scelta del vezzeggiativo eroicomico “Specchiuccio” risente molto dell’influenza di Alessandro Tassoni che stavo studiando all’epoca della creazione del brano. Ad Agosto “Canto di Strega” è arrivato alle semifinali del contest “Spazio d’Autore” di San Gimignano.


E com’è nato il suo videoclip?

L’elemento “campo di grano” era l’idea costante nella realizzazione del video di “Canto di Strega” ed infatti le scene dove compaio sono in mezzo alle spighe dorate pronte per il raccolto. Poi mi è venuto in mente che parallelamente allo sfogo sentimentale della Strega si sarebbe potuto anche considerare altamente critico il fattore “età che avanza” e così ho convinto mia sorella Alessandra ad impersonare nel video il ruolo di una donna che, sfogliando un libro (“La vecchiaia può attendere” di Arrigo Levi), trova al suo interno delle foto che la ritraggono prima bambina, poi adolescente, fino ad arrivare ai giorni d’oggi. Infine ci sono delle foto che la ritraggono anziana e proprio in quel momento lei stessa lo diventa. Dietro le idee e le cineprese (oltre che al trucco ed i costumi) ha collaborato molto attivamente Sabrina Seaside, che ringrazio, insieme a mia sorella Alessandra, per il prezioso aiuto.


E l’album da cui è estratto? Oppure è in cantiere un album che lo conterrà?

Per ora “Canto di Strega” nasce come singolo anche se è il proseguimento logico di “Mago Merlino” che si può trovare sulle varie piattaforme di streaming visto che è uscito già da qualche mese. L’idea è quella di creare un album con queste due canzoni più altre con simile ambientazione e credo che l’uscita potrebbe essere per Maggio 2022.


Cos’è per te l’arte, la musica?

Ciò che rimane di noi, anche per moltissimi anni dopo che non ci siamo più, sono le nostre opere artistiche, letterarie, musicali: qualsiasi forma di creazione mentale. Quindi non posso che dare un’importanza altissima alla musica ed all’arte in tutto il suo compendio. Inoltre l’arte e la musica sono una valvola di sfogo della nostra anima, una esternazione di ciò che abbiamo dentro. Nella musica, ad esempio, posso dipingere un brano di malinconia mettendo una diminuita o un accordo minore al punto giusto e poi esaltarlo in fase di arrangiamento con archi e tappeti o glissati di chitarra classica e magari cantando con una voce più intima e rotta avvicinandomi il più possibile al Neumann (ad esempio l’inizio di “Bosko e Admira” oppure in “La voce della radio”). Oppure posso rappresentare una situazione erotica scegliendo le parole giuste che si accavallano senza preposizioni per la fretta del desiderio e tecnicamente lasciando la voce intima subito dopo un assolo di basso batteria e coretti (come in “Il tuo seno”). Insomma la musica e comunque qualsiasi forma d’arte è il tramite che esterna la nostra mente e la nostra anima e, in un certo senso, ci potrebbe rendere quasi immortali o comunque ricordabili.


Quali sono le tue influenze artistiche?

Subito appena imbracciato per la prima volta la chitarra di mio padre, mi sono costruito, come autodidatta, prendendo come riferimenti quelli che avevo a disposizione: mio fratello più grande (allora 25enne) come molti dei giovani dell’epoca, ascoltavano su musicassetta le canzoni, tra i tanti, di Fabrizio De Andre’, Lucio Battisti, Francesco De Gregori e, soprattutto, Ivan Graziani. Infatti è quest’ultimo che, nonostante le influenze negli anni successivi di molti altri artisti, ha lasciato in me la sua impronta nel modo di comporre canzoni, suonare la chitarra e anche nel canto. Questo a tal punto che negli anni novanta ho cercato di staccarmi totalmente dal modello Ivan, visto che molti che ascoltavano le mie canzoni, non credevano neanche che le avessi scritte io! E così ho iniziato ad allargare gli orizzonti ed ho cominciato ad ascoltare musica di tutti i tipi e di tutto il mondo. Dopo la morte di Ivan i miei modelli, e quindi i miei influencers personali, divennero tutti i cantautori (in particolare Mango, Britti e Fossati) e molti artisti e band internazionali (Police, Queen, Richie, John, Nirvana, System of a down, ….).


Quali sono le tue collaborazioni musicali?

I miei musicisti, con cui suono da svariati anni, costituiscono l’ossatura principale del progetto “Carlo Audino”. Ho preferito a turnisti anche di alta levatura, la genuina bravura dei miei compagni con cui ho condiviso molti palchi e numerosi applausi. Inoltre ho compiuto molti sacrifici ma ho preferito essere il produttore di me stesso cercando di evitare al massimo di ricorrere ad esecuzioni fatte da software dando così a loro, seppur minimo,  un lavoro retribuito in questa epoca così difficile a causa della pandemìa. Non ultimo ho il vantaggio di essere pronto ad effettuare concerti, appena ce ne sarà occasione, visto che la band è già ben preparata. Beh, ora li presento in ordine rigorosamente casuale: alle tastiere, pianoforte, fisarmonica (in “Il tuo seno”) troviamo il Maestro Riccardo Taddei. Lui ha anche curato, insieme al sottoscritto, tutti gli arrangiamenti dei miei brani, conoscendo alla perfezione i miei gusti e le mie intenzioni artistiche essendo stato spalla a spalla con me già dai primi anni 80. La sezione ritmica è curata benissimo dal bassista Simone Ceracchi e dal batterista Luca Fareri. Poi ci sono  gli special guests che sono musicisti/amici che hanno partecipato con i loro strumenti solo nei brani dove era richiesta la loro bravura. E così il sassofono tenore (in “Bosko e Admira”) e quello contralto (in “La voce della radio”) sono stati suonati da Carlo Maria Micheli mentre la steel guitar  ed il banjo (in “Carolina”) sono stati “rolled” da Samuel Stella. Infine Justo Farias “Kiko” ha suonato la chitarra gipsy in “Il tuo seno”. Non ultimi, anche se non sono musicisti, hanno collaborato per molti scatti fotografici Alessandra Modesti, Alessia Aster e Sabrina Seaside. Quest’ultima collabora attivamente anche alla scelta dei brani, alla ideazione dei video, alla correzione delle traduzioni/pronuncia in Inglese e, in maniera disastrosa, alla realizzazione delle riprese più movimentate: le ho assegnato il titolo di “Cococò” (alias “tuttofare”).


E la collaborazione con Red&Blue nel lavoro in promozione?

Il contatto con Marco Stanzani e quindi tutto lo staff di Red&Blue è avvenuto per puro caso: cercavo un ufficio stampa e già ne avevo provato qualcuno ma con risultati estremamente deludenti. Quando ho analizzato (come fosse un programma elettorale) le caratteristiche di Red&Blue ho avuto tra le righe la percezione che fosse lo staff giusto. Così mentre i primi brani sono stati pubblicati senza alcuna promozione (a parte qualche campagna Facebook), da “La voce della radio” in poi ho avuto modo di apprezzare la preziosa ed attiva collaborazione di Red&Blue che ha dimostrato (e dimostra tuttora) che non tutti gli Uffici Stampa compaiono all’Artista solo al momento di riscuotere ma anche per comunicare date, esibizioni, interviste, passaggi, articoli: devo dire che fa un certo effetto sentirsi contattare attorno a Ferragosto da una collaboratrice dello staff di Red&Blue che era in ferie e ciononostante ha dedicato del suo tempo per organizzarmi un’intervista radiofonica nel giro di poche ore. Appena finita questa intervista mi devo ricordare di mandare una lettera di protesta a Marco: così si viziano troppo i propri artisti! Comunque spero che la collaborazione con Red&Blue porti molti risultati positivi aiutandomi a far conoscere le mie canzoni a quante più persone possibile.


Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?

Cerco di esprimermi il più apertamente possibile utilizzando la musica, sia nella creazione dei giusti giri armonici che nella cura degli arrangiamenti, e scegliendo le giuste parole che possano aiutare a descrivere la situazione e rappresentare esattamente i sentimenti provati. Certo che mi piacerebbe raggiungere l’apice osservando un mio ascoltatore che si commuove o gioisce solo indossando un paio di cuffie con dentro una mia canzone: questo sarebbe magnifico e significherebbe che si è riusciti a ricreare, con gli elementi messi a propria disposizione, uno strumento per veicolare le proprie emozioni. Ricordo quando mi sono commosso ascoltando “Scappo di casa” di Ivan Graziani oppure “Un tempo piccolo” di Tiromancino. Comunque di esempi riusciti ce ne sono tantissimi: da “Grazie dei fiori” (Nilla Pizzi) a Kayleigh (Marillion) passando per “ATWA” (System of a down) e “Nessun dorma” (Turandot di Giacomo Puccini). Per quanto riguarda le tematiche che preferisco trattare e quindi trasmettere nei contenuti, sono molto ampie.  Mi piace ovviamente parlare dell’amore in tutte le salse (vedi “Lady Laura”, “Il tuo seno”, “Canzoni d’amore” e “Tela di ragno”), ma anche tematiche ambientali (soprattutto sull’inquinamento), sociali (droga, violenza, guerra, emancipazione, razzismo) e, perchè no, fantasiose, magari con lievi riferimenti a persone che sono esistite realmente vicino a me (vedi “Mago Merlino” e “Canto di Strega”). A volte mi piace indossare un costume di fantasia e raccontare una certa situazione indossando le vesti di un animale o di un oggetto (ad esempio sono una giovane vitellina ribelle in “Carolina”).  In altre seguo un donatore di sangue (vedi “L’uomo del sangue”) oppure valorizzo l’amicizia (“La voce della radio”).


Parliamo delle tue pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi?

Lo ammetto: anche a causa della mia timidezza giovanile, negli anni passati non ho spinto molto i miei brani, convinto che potessero non piacere. Ho fatto si molti concorsi e in molte serate di pianobar ho eseguito qua e la qualche mia canzone, spesso senza neanche presentarla: ma se in sala  c’era qualche amico che mi conosceva, questo faceva da capo-claque e urlava ai quattro venti che quella canzone era scritta da me, creandomi un certo imbarazzo. Durante i molti concorsi sono venuto a contatto con molti miei colleghi, molti dei quali hanno continuato, seppur senza alcun successo come ho fatto io, qualcuno ha abbandonando la scena e infine qualcun’altro (pochi in realtà) è riuscito ad andare molto avanti. Nel 1996 e 97, ad esempio, ero a Sanremo per uno di questi concorsi con un adolescente che stava sempre con me durante quei giorni, avendo stretto una buona amicizia. Lui si chiamava Tiziano Ferro e, come me, in nessuna delle due semifinali riuscì a passare (tornerà a Sanremo solo una ventina di anni più tardi come ospite). Come lui, durante questi concorsi ho conosciuto altri musicisti molto bravi con cui ci siamo scambiati opinioni e suggerimenti, anche se sotto sotto si toccava costantemente con mano lo spirito de “mors tua vita mea”. Solo recentemente mi sono divertito ripartecipando ad un concorso nella meravigliosa San Gimignano dove sono arrivato in semifinale proprio con “Canto di strega”. Negli anni passati, oltre a Sanremo (esattamente l'”Accademia della canzone”), ho partecipato a Livorno, Milano, Bologna, Teramo, ai più fantasiosi concorsi, spesso arrivando in finale ma non ho mai vinto prime posizioni (tranne molti anni fa a Genzano di Roma con “Mago Merlino” ed a Velletri con “Paura di cantare”). Comunque spero di poter organizzare al più presto un tour in giro per l’Italia per far prendere aria alle mie canzoni.


Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?

Mi sembra che stiamo vivendo un periodo abbastanza interessante dal punto di vista artistico. Ci sono delle belle voci, dei personaggi più o meno magnetici. Assistiamo alla sperimentazione di nuovi modi di cantare e di esporre i testi. Anche se cambia il modo di intonare, l’obiettivo di trasmettere sentimenti è spesso raggiunto: ognuno lo fa come ritiene più opportuno. Sinceramente non credo cambierei granchè. Però mi rendo conto (e non parlo di me) che spesso artisti emergenti non riescono neanche ad affiorare in superficie e vengono circondati dagli “squali” che fanno perdere tempo, soldi e, soprattutto, entusiasmo. Della scena musicale Italiana senz’altro cambierei la sensibilità dei Direttori Artistici delle Radio e Televisioni e li inviterei ad aprire uno spiraglio di attenzione anche a chi non fa parte delle prime 50 posizioni in classifica, i cosìddetti “grandi successi”.  La scena musicale Italiana verrebbe così arricchita dalle novità di artisti che, come me, hanno l’entusiasmo proprio di chi è affetto dalla sindrome dello sconosciuto.


Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigli di ascoltare?

MMmm, ovvio che consiglierei di ascoltare tutti i miei brani pubblicati finora e, se fosse possibile, mi piacerebbe farvi ascoltare quelli che ho appena finito di registrare ma che andranno live solo fra vari mesi. Comunque dipende molto anche dai propri gusti e dallo stato d’animo in cui ci si sente. Se si ha bisogno di brani “riflessivi” suggerirei un “Adesso no” di antipasto seguito da un romantico quanto crudo “Bosko e Admira” (oppure “Admira and Bosko” per gli Anglofoni). Se invece ci si sente un po’ più allegri e un po’ più rockettari, allora suggerirei un reggae di antipasto tipo “L’uomo del sangue” seguito da un travolgente “Mago Merlino” (“Wizard Merlin” per gli Anglofoni) e una “Tela di ragno” per chiudere in bellezza. Se invece amate l’amore allora la scelta cade su “Canzoni d’amore” seguita dalla sensuale “Il tuo seno” e “Lady Laura”. Infine ci si può rilassare abbandonandosi sulle praterie di “Carolina” e ritornando a casa ascoltando con affetto e amicizia “La voce della radio”.


Come stai vivendo da artista e persona questo periodo del covid-19?

Sono un po’ rassegnato perchè durante il lockdown avevo avvertito nell’aria un senso comune di partecipazione e di unione per sconfiggere insieme il nemico invisibile: non a caso sono diventato volontario in Protezione Civile e, prima del Covid, in Croce Rossa. Mi sono vaccinato e capisco anche i punti di vista divergenti (ma razionali) che ci sono a tal proposito, solo che ho dovuto ascoltare storie di famiglie che comandano il mondo, anime che si solleveranno dai corpi per le strade e complotti di trasmettitori G5 inseriti nei falsi vaccini che, insieme alle sbalorditive reazioni e rivoluzioni cui ho assistito sui Socials, mi hanno fatto riflettere sulla nuova società post-lockdown. Insomma ci risiamo: pensavo che la pandemìa ci aiutasse a sentirci più legati ed invece mi rendo conto che l’unico modo di ripulire la nostra popolosa società è dettata dagli inevitabili corsi e ricorsi storici di Giovan Battista Vico. Come artista invece le cose sono andate meglio perchè, a parte lo spiacevole fatto che sono state azzerate tutte le date per esibirsi con il pubblico, in compenso, proprio per la nostra fragilità su questo mondo emersa con questa grave pandemìa, ho deciso di far uscire le mie canzoni prima che la mia anima esca dal rispettivo corpo.


Progetti a breve e lungo termine?

Oltre alle pubblicazioni mensili dei miei nuovi brani, sto realizzando per ciascuna un videoclip da affiancare e, quando posso, partecipo ai vari festival e talent che ci sono in giro. Ad esempio “Canto di Strega” ad Agosto è arrivata alle semifinali del concorso Spazio d’Autore di San Gimignano. Ora sto aspettando l’esito della preiscrizione al contest “Una voce per San Marino”. A Dicembre uscirò con un EP e ad Aprile prossimo conto di far uscire il mio primo album completo con una decina di canzoni. Ovviamente, essendo totalmente indipendente e non essendoci alcuna entrata, il progetto potrà subire variazioni proprio in base alla personale disponibilità del momento. Io ce la metto tutta e spero che più persone possibili mi incoraggino in questo mio progetto semplicemente mettendo like, pollici alzati e ascoltandomi gratuitamente sulle varie piattaforme di streaming. Anche ricevere messaggi incoraggianti fa molto bene al fragile spirito dell’artista sconosciuto.