Da “Quando c’era il Liga” a tutta la sua vita, giù la maschera per Mac Parak

Da “Quando c’era il Liga” a tutta la sua vita, giù la maschera per Mac Parak

Accogliamo calorosamente e spalanchiamo le nostre curiose orecchie a Mac Parak, artista poliedrico che ci sorprende coi suoi prodigi artistici. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro “Quando c’era il Liga”, approfondiamo con riconoscenza l’intervista a Mac Parak, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Entriamo più a fondo nella vita e nelle opere, Mac Parak si confiderà con noi con quelle che sono le collaborazioni, le esperienze, e i progetti futuri. Andiamo a capofitto a fondo e diamo un caloroso benvenuto a Mac Parak!

Com’è nata tua la passione per la musica?

La mia passione affonda le radici negli anni delle scuole medie, ed è nata in modo quasi… inaspettato. In quel periodo ero completamente rapito dall’Hair Metal americano e band come Bon Jovi, Poison, Cinderella e White Snake erano il mio pane quotidiano. Era un genere potente, melodico e spettacolare. Però, per passare davvero all’azione, ho aspettato un po’: a diciassette anni ho deciso di prendere lezioni di canto. Quello è stato il momento della svolta, il passaggio dall’ascolto all’espressione attiva, e da allora non ho più smesso di cantare.

Com’è nato “Mac Parak” e il suo personaggio, il suo sound?

Agli inizi mi facevo chiamare Jena (da Jena Plissken, il personaggio cinematografico interpretato da Kurt Russel). Il nome Mac è arrivato più tardi, intorno al 2001, periodo in cui ho lanciato il mio primissimo demo cd. Poi, per distinguerlo da altri brand o nomi simili, nel 2005 ho dovuto aggiungere Parak (abbreviazione del mio cognome). Quindi “Mac Parak” è un’evoluzione, un nome che mi porto dietro da tempo. Il sound, invece, è la sintesi delle mie influenze rielaborate in italiano: non il rock patinato dell’Hair Metal, ma qualcosa di più malinconico e diretto, ch’è la vera espressione di me.

Come descriveresti la nascita di “Quando c’era il Liga”?

La definirei bella, spontanea, cristallina e soprattutto terapeutica. È nata come un bisogno. Dopo anni in cui mi ero un po’ allontanato dalla musica con la convinzione di aver detto tutto, questo brano è arrivato prepotentemente e mi ha dato una scossa. È stata la scintilla che mi ha spinto a credere che, in fondo, avessi ancora qualcosa da dire. Non è stata una forzatura, ma una liberazione emotiva messa in musica. Con la consapevolezza odierna, ho potuto narrare eventi ed emozioni del passato, per me finalmente qualcosa di nuovo nel songwriting.

In salita o in discesa. I percorsi artistici si sviluppano sempre tra mille peripezie, vuoi raccontarcele?

Assolutamente in salita, con qualche ripida discesa di tanto in tanto! Da giovane ci credi tantissimo, hai l’energia e l’incoscienza necessarie. Poi, quando capisci che di musica non si vive e che devi trovare un equilibrio con la vita reale, si ridimensiona tutto. Canto da 30 anni, ma è la prima volta in cui sto lanciando un progetto con questa convinzione e questa maturità. Ci sono stati molti alti e bassi, ho militato in diverse band che, col senno del poi, forse non avrei scelto, ma anche quelle esperienze, a loro modo, mi hanno donato qualcosa e mi hanno formato come musicista e come persona.

Quali sono le tue influenze artistiche?

In generale, come ti accennavo, l’Hair Metal anni ’80 è stata la mia prima grande influenza e la prima passione. Tuttavia, quel genere non mi ha mai portato da nessuna parte a livello espressivo, qui in Italia. Quindi ho deciso di fare qualcosa di più nelle mie corde e soprattutto in italiano, virando verso il rock dei primi anni ’90. In questo senso, Ligabue è un’icona fondamentale, perché rappresenta un rock schietto, con testi forti, che ha definito il genere e l’atmosfera dei miei anni giovanili.

Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?

Semplicemente: i ricordi e le emozioni. Non ho l’ambizione di cambiare il mondo, ma mi basta lasciare un segno. Se riesco a toccare una corda in chi ascolta, a risvegliare una memoria, un’emozione vera, ho raggiunto il mio obiettivo. Voglio che la mia arte sia un progetto umile, ma autentico e sentito.

Parliamo delle tue pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi?

Ho iniziato a esibirmi davanti al pubblico molto giovane, nel 1995. Fino al 2000 ho calcato diversi palchi nelle province del Piemonte e della Lombardia. Ho avuto anche esperienze a livello nazionale: nel lontano 2001 sono stato selezionato al Festival di Napoli, anche se non ho poi superato le finali. Ricordo anche un bel live in Francia nel 2002 e alcuni show che ho tenuto tra il 2003 e il 2006. Dopo quel periodo, francamente, ho dato priorità al mio lavoro su cui dovevo puntare tutte le mie forze e la musica l’ho lasciata in disparte per sparuti singoli e collaborazioni.

Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?

Penso che ormai il rap e il trap siano generi imbattibili per l’attuale pubblico, con tutti i loro pro e i loro contro. Non voglio giudicare il modo o i contenuti con cui alcuni artisti si esprimono, ma credo che ci sia stato un decadimento generale, soprattutto per quanto riguarda la cura dei testi e la creazione delle armonie musicali dei pezzi. Mi piacerebbe che tornasse una maggiore attenzione alla qualità della scrittura, sia lirica che musicale, e non solo all’impatto mediatico.

Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigli di ascoltare?

Sicuramente consiglio di ascoltare “Non era previsto”. Quel brano racconta proprio la nascita di questo progetto e il mio ritorno alla musica. È un altro tassello fondamentale per capire la genesi di questa nuova fase artistica.

Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?

I sogni nel cassetto li ho finiti da un pezzo o, meglio, li ho ridimensionati alla realtà. Mi basta lasciare un segno, un’eredità musicale onesta. Però, se proprio devo pensare in grande, un desiderio un po’ folle ce l’ho: se Ligabue dovesse chiamarmi per aprire un suo concerto… be’, cazzo, quello sarebbe un sogno incredibile! In quel caso, anche se attualmente non ho una band pronta, vedrei di andarci al meglio e di trovare il modo di salire su quel palco!