Francesco Pierotti senza segreti, da Strange Slightly Romantic Memories ai più interessanti retroscena!

Francesco Pierotti senza segreti, da Strange Slightly Romantic Memories ai più interessanti retroscena!

Onorati e privilegiati, diamo il benvenuto a Francesco Pierotti, artista poliedrico che ci vizia e seduce con la sua arte. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro Strange Slightly Romantic Memories, pubblichiamo con gratitudine l’intervista a Francesco Pierotti, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Entriamo più a fondo nella vita e nelle opere, Francesco Pierotti si narrerà con quelle che sono le collaborazioni, tra le più importanti come quelle con Stefano Dentice, le esperienze, e i progetti futuri. Ma largo ai convenevoli, diamo un caloroso benvenuto a Francesco Pierotti!

Com’è nata tua la passione per la musica?

A casa mia non ci sono mai stati musicisti, mio padre strimpellava un po’ la chitarra, ma non c’è mai stato qualcuno che mi abbia trasmesso una grande passione per la musica. Nonostante questo ho sempre avuto una grande fascinazione per gli strumenti musicali ed il suono dell’orchestra. I pochi vinili che vedevo a casa e l’impianto HI-FI mi affascinavano e cercavo di capire perché mi catturassero tanto i suoni che uscivano da quell’apparecchio senza trovare risposta.

Un giorno casualmente mio padre incontra dopo tanti anni un suo amico di scuola, un rockettaro chitarrista con cui aveva fatto l’occupazione del liceo, lo riconosce, gli chiede se fosse Stefano, lui risponde di si… nel frattempo si era fatto prete, missionario ma sempre appassionato di musica.

Questa conoscenza mi apri un mondo. Con questo strano tipo un po’ misterioso nacque un’amicizia, mi cominciò a regalare cassette registrate: Jimi Hendrix, Weather Report, Jaco Pastorius, Santana, Return to Forever… insomma un sacco di Fusion, e alla fine mi regalò un basso acustico EKO freetless.

Quel basso, che ho ancora, è stato l’inizio di tutto. Casualmente un giorno ascolto un brano… era Oscar Peterson trio “Night Train”, scoprii Niels-Henning Ørsted Pedersen, per la prima ascoltai quel suono di cui mi innamorai…il contrabbasso. Avevo cominciato gli studi di Architettura all’università, guidato dalle altre mie grandi passioni, il disegno e l’arte. Ma la musica e il contrabbasso erano ormai entrati dentro di me, dopo due anni comprai il mio primo contrabbasso e cominciai a prepararmi per l’ingresso in Conservatorio Classico che terminai poco dopo gli studi di Architettura. Cominciò così la mia strada da musicista.

 


A volte l’ispirazione ti coglie quando meno te l’aspetti. È stato così per Strange Slightly Romantic Memories?

Si l’ispirazione coglie quando meno ce lo aspettiamo, in poco tempo una melodia è capace di definirsi per poi diventare un brano che subito prende forma. Ma per me l’ispirazione è anche esercizio e costanza. Può essere allenata partendo da piccole idee. In questo caso, alcuni brani nascono proprio così, piccole idee melodiche che sono state da stimolo per plasmare poi il brano. L’esercizio compositivo è stato quello di legare le melodie ai ricordi, alle emozioni e farli diventare un viaggio musicale.


Cos’è per te l’arte, la musica?

Sono il primo motivo per cui ogni mattina mi alzo e comincio la mia giornata. Per me è come scegliamo di guardare le cose. Per me l’arte e la musica sono una scelta, scegliamo di ricercare l’arte, di ricercare la musica, di ricercare il loro senso e significato e di trovarci il nostro. Tutto questo è un gesto che parte da noi e che condiziona la nostra vita quotidiana ovunque noi siamo. Come comunichiamo con gli altri, come guardiamo il mondo, come ascoltiamo non solo la musica ma anche tutto ciò che ci circonda. La musica e l’arte sono due linguaggi che pretendono curiosità, silenzio, ascolto, che non vogliono la paura, la chiusura, ma hanno bisogno di coraggio.

 


Quali sono le tue influenze artistiche?

Questa domanda è molto difficile. Amo la musica, il jazz, la classica, il rock, il reggae e tanto altro. Il jazz per me è il più geniale linguaggio musicale che oggi abbiamo a disposizione. Un genere che non ha paura di contaminare e di farsi contaminare, di reinventarsi velocemente, di lasciare spazio alla personalità di tutti i musicisti presenti sul palco. Il jazz è sicuramente la mia più grande ispirazione. Le mie influenze sono molte, guardano a musicisti del presente ma anche del passato e amo questo intrecciarsi di sonorità. Ma mi lascio influenzare anche da altri linguaggi artistici come la pittura e l’architettura, nel modo di comporre, di costruzione, di unire pieni e vuoti di assemblare volumi e linee, il loro rigore e la loro libertà compositiva.

Sono linguaggi che hanno delle strade comuni e che cerco di mettere nelle mia musica.


Quali sono le tue collaborazioni musicali?

Nella mia carriera ho avuto collaborazioni musicali con molti musicisti italiani e stranieri. Attualmente suono nel nuovo quartetto di Marco Guidolotti e Fabrizio Bosso che vede me e Lorenzo Tucci come ritmica.

Ho condiviso il palco con Enrico Rava, Maurizio Giammarco, Michael Rosen, Yakir Arbib, John Arnold, Ettore Fioravanti, Amedeo Ariano, Ettore Carucci, Marco Guidolotti, David Blamires, Roberto, Tarenzi Lorenzo Tucci e molto altri.


Parliamo delle tue pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi?

Ho suonato su molti palchi importanti in Italia e all’estero: Umbria Jazz, la Casa del Jazz, Auditorium Parco della Musica, Pescara Jazz, TanJazz in Marocco, Astrakan Jazz in Russia, Transilvania Jazz in Romania. In jazz club in Italia, Germania, Olanda, Francia. Mi auguro ce ce ne saranno molti altri e di riuscire a viaggiare ancora con la mia musica.


Quali sono i tuoi programmi futuri?

In questo autunno ci saranno concerti di presentazione di questo mio disco Strange Slightly Romantic Memories.

Inoltre a breve tornerò anche in studio con il Quartetto di Guidolotti e Bosso e per due nuove progetti a mio nome, uno in piano trio e un altro che vedrà la voce protagonista.

Ci sono tante cose nel cassetto, sarà un anno molto pieno.