Con grande piacere diamo il benvenuto a Gimbo, al secolo Giampietro Pica, artista poliedrico che sta raccogliendo ampi consensi sulle piattaforme digitali e non solo. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro Come l’uomo della Luna, leggiamo con curiosità l’intervista a Gimbo, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Scopriremo interessanti retroscena musicali e di vita, Gimbo ci racconterà con quelle che sono le collaborazioni, fra le quali con MC Shark, Zulu King,Africa Bambaataa, Raina, Rastablanco, Giulio Ferrante, Redgoldgreen Label, Javier Girotto, Fabrizio Bosso, le esperienze, e i progetti futuri. Andiamo a capofitto a fondo e diamo un caloroso benvenuto a Gimbo!
Com’è nata la passione per la musica?
Da piccolo, il periodo è quello delle scuole medie, nel mio quartiere al Tiburtino (periferia di Roma) aprono una scuola di musica popolare ed inizio a frequentarla. Da li in avanti scoprirò questa passione che non mi ha più lasciato.
Cosa significa e com’è nato il nome “Gimbo” e il suo sound?
Gimbo è un soprannome che avevo da bambino, uno dei tanti a dire il vero, avendo un nome composto avveniva normalmente che lo abbreviassero. Così, dovendo pensare ad un nome per il mio progetto solista, mi è rivenuto in mente e l’ho preferito ad altri. Credo mi rappresenti, come dicono alcuni “tu sei GI”. Successivamente, ho scoperto che Gimbo è un soprannome molto diffuso nel mondo, con diversi significati a seconda dell’idioma.
Come è stato concepito “Come l’uomo della Luna”?
A dire il vero è iniziato tutto con un brano che, oggi, neppure è ricompreso nel Disco. Mi trovavo al 24 Gradi, uno studio nei pressi del Colosseo, e abbiamo registrato con Paolo Santambrogio una ballad folk con armoniche, chitarra acustica e stomp. Lì nasce una riflessione sul sound e la voglia di iniziare insieme questa avventura che poi chiameremo album.
E com’è nato il suo videoclip?
Il video nasce dalla scelta di alcuni brani del Disco che meglio di altri potessero anticipare il tema del concept album: il viaggio ed il sogno. “Sulle mie tracce” si prestava a questa anticipazione. Certo è che dovevamo rappresentare qualcosa che nella mia testa non sapevo proprio come pensarla: il Sogno. Per fortuna la collaborazione con il regista Andrea Casella (Studio Capta) mi ha offerto delle soluzioni molto importanti, rispettose del senso del testo e della musica. Credo sia un video che incontra la mia musica accompagnandola delicatamente e questo mi piace molto.
Com’è stato il percorso dall’esordio ad oggi?
Divertente, creativo, a volte con improvvise scelte verso risultati inaspettati. In effetti, questa domanda mi fa pensare al fatto che, soprattutto, ci siamo divertiti ad unire la mia musica alle immagini. L’avevo già fatto in passato con diversi video. In questo percorso ricordo le collaborazioni con l’illustratrice Pip Piripi e la pittrice Clelia Catalano, i cui lavori ritroviamo in Sin Miedo e Mammut. Inoltre, c’è un video cui sono molto legato che è Mocambo, risultato della collaborazione con il regista Matteo Montagna (Alternativeproduction) e gli attori Antun Blazevic e Giancarlo Miconi (Attila). Questo aspetto creativo mi fa capire che, probabilmente, quando scrivo ho già immagini e dettagli in testa che poi inevitabilmente devono trovare uno sbocco. È avvenuto per i video citati e sta avvenendo per “Sulle mie tracce”.
Quali sono le influenze artistiche?
Devo dire che ho ascolti veramente eterogenei. In fin dei conti, appartengo a quella onda emotiva per la quale trascorrevamo i pomeriggi dopo scuola a cercare vinili e i dischi nei negozi sparpagliati nella città. Dal blues, al rock fino ad arrivare al reggae, genere che mi ha letteralmente rapito.
Quali sono le collaborazioni musicali?
Ho un trascorso da musicista, precisamente da chitarrista. Così ho avuto la possibilità di suonare e condividere molti palchi con diversi artisti. Mi piace citarne alcuni. Da un mio progetto chiamato “Terradunione”, ho il ricordo che mi lega a MC Shark, rapper che ha contribuito a fondare la scena in Italia, uno dei pochi Zulu King italiani della Universal Zulu Nation di Africa Bambaataa. Mi piace citare, poi, non solo per ragioni affettive il Baracca Sound di Roma, la Villa Ada Posse e le Radici nel Cemento. Alcuni di loro (Raina, Rastablanco e Giulio Ferrante) li ritroviamo nel Disco a testimoniare che le radici del reggae sono vive nella mia musica. Ricordo, poi, tra le partecipazioni che più hanno contaminato il disco troviamo Javier Girotto, Fabrizio Bosso e Francesco Bellani.
E la collaborazione con l’etichetta Redgoldgreen Label nel lavoro in promozione?
Beh, che dire!? Io e RGG siamo legati per molteplici ragioni, prima fra tutte è che è la prima etichetta che ha voluto impegnarsi con me. Nel mio percorso ho voluto tenere fede ad una promessa che ci siamo fatti: cresciamo insieme e vediamo dove arriviamo. Al momento il lavoro di promozione per questo Disco dice stiamo facendo ascoltare il lavoro diffusamente. C’è soddisfazione e soprattutto stima.
Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la musica?
Fino ad ora ho sempre orientato i testi partendo dalla mia visione del Mondo. Dal singolo fino ad arrivare alla Comunità. Diciamo che ci tengo molto ad evidenziare l’importanza della socialità e dell’impegno collettivo. Lo faccio descrivendo emozioni e attraverso simbolismi. Per dire un esempio, io questa cosa dell’abbraccio l’ho evidenziata da un po’, della necessità di trasmettersi fisicamente la vicinanza. Me l’hanno ricordato marcatamente i bambini Shipibo Conibo durante un mio viaggio di qualche anno fa in Amazzonia.
Parliamo delle pregiate esperienze di live, concerti e concorsi?
Alcuni miei brani hanno partecipato a concorsi e devo dire che sono stati sempre accolti bene. Spero in futuro di portare molta altra musica all’attenzione di platee dedicate. Il mio scopo è sempre stato quello di far ascoltare la musica che proponevo; mi auguro, quindi, di riprendere presto l’esperienza dei live.
Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?
Sto ascoltando molti artisti. Devo dire che c’è veramente tantissima musica, specialmente in questo momento. La scena musicale vive una grande effervescenza e un dinamismo importante, questa cosa mi piace. Mi sento però di dire una cosa. Il fatto che ci sia così tanta scelta sconta l’altra faccia della medaglia del mercato. Un brano o un video durano veramente poco dopo l’uscita. A volte lavoriamo anni per vedere (anche col consenso) in poco tempo un brano superato da altri. Forse si dovrebbe riconoscere più vita ad un’opera e lasciare respirare la musica, soprattutto per gli artisti.
Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigliate di ascoltare?
Essendo un concept album mi verrebbe da dire che andrebbe ascoltato tutto ed in sequenza. Se proprio devo consigliare ascolti, direi di ascoltare due ballad “Nel Mondo di Satià” ed “Al posto più caldo” in cui ritroviamo Javier Girotto e Fabrizio Bosso e poi “Tra miliardi di stelle” sempre con Girotto.
Come stai vivendo da artista e persona questo periodo del covid-19?
In effetti un periodo tosto sotto tanti punti di vista e per tutta la categoria. Personalmente, ho continuato a scrivere e comporre. A piccoli passi, sto ripercorrendo una strada già vista: l’inizio di un nuovo progetto che mi porterà, quando sarà pronto, a pensare ad un nuovo Disco.
Quali sono i programmi futuri?
Mi auguro di poter suonare live. In ogni caso, come dicevo prima sto continuando a comporre. Ho in mente anche di proporre nuovi brani per documentari e film, la passione di unire la musica alle immagini mi sta portando in quella direzione.