Siciliana DOP, forte, pungente e di sostanza, dalla voce avvolgente e intensa, quasi come la lava del “monte” che i suoi abitanti venerano: la esecutore Alessandra Rizzo. La esecutore ci ha concesso di rispondere alle nostre domande, scoprendo di più sulla sua vita, la sua carriera e il suo interessante percorso musicale. “Fogli che raccontano” dal 25 settembre 2020, racconta proprio di lei, che si fa chiamare LaRizzo, in una raccolta di brani scelti appositamente dalla esecutore per accompagnarci nel suo mondo. Cantante, compositrice e docente, Alessandra Rizzo è un esempio di passione declinata con professionalità, talento che non scompare, ma anzi la cui struttura può solo migliorare col tempo.
Da bambina, la vocazione, la chiamata: “la musica non si sceglie, ma è lei a cercare noi“. E di lì un amore, con i suoi alti e bassi, che negli anni ha portato alla esecutore professionista che è oggi e che si racconta a noi con tutta se stessa.
Grazie Alessandra, raccontaci dei tuoi esordi: com’è nata la tua passione per la musica?
Mi viene da ricordare una meravigliosa frase di Bosso “la musica mi ha scelto perché ne avevo più bisogno degli altri”. Credo si andata così anche con me, o almeno, mi piace crederlo. Mi raccontano che da piccola non facevo dormire nessuno: cantavo, tutta la notte.
E cantavo da non riuscire a smettere. Così a 7 anni già studiavo pianoforte e 10 anni già ero una studentessa di violoncello in Conservatorio. Come capita con i grandi amori siamo entrati in crisi, ci siamo lasciati e ritrovati, ma alla fine non è mai finita veramente e da vent’anni è diventata l’unica cosa che so fare.
Quali sono le tue attuali collaborazioni?
Crescendo ho capito di quanto per me la musica sia una cosa seria, di conseguenza ho scelto sempre di condividerla solo con alcune persone… anche di estrazione musicale totalmente diversa, ma che siano a me affini.
Nonostante abbia avuto la possibilità di sperimentare tanti generi, oggi sono solo due le formazioni con le quali collaboro e che mi rendono un po’ “musicalmente bipolare”.
Collaboro con gli Original Sicilian Style, band reggae siciliana con all’attivo già 3 dischi e con i quali ho avuto la possibilità di calcare palchi importanti e, da oltre dieci anni in acustico, con Edoardo Musumeci. Insieme a Edo abbiamo un ideazione chitarra e voce che propone, i miei brani, ma anche un cammino tra i generi e gli artisti che più mi hanno influenzato. La prerogativa è giocare, improvvisare e “stravolgere” ed è qui che trovo totalmente la mia dimensione, quella intima, guidata dall’interplay continuo e dove ogni live diventa un viaggio sconosciuto.
Com’è nato il tuo nuovo album “Fogli che raccontano”?
“Fogli che raccontano” nasce dall’esigenza di raccontare una storia. In realtà i brani non sono stati pensati secondo i criteri di un concept album, è solo alla fine di un percorso che ho preso coscienza di aver raccontato uno scorcio di vita vissuta, fatta di partenze, ricostruzioni, nuove consapevolezze. Ogni componimento ha curato un po’ la mia anima ed è stato necessario raccogliere i fogli e lasciarli andare. Fondamentale il ruolo di Edoardo Musumeci, Riccardo Samperi e di TRP music, che hanno creduto in questo ideazione e prodotto questo album.
Quali generi e artisti ti hanno maggiormente influenzato?
Non ricordo un viaggio con la mia famiglia che non fosse accompagnato dalla musica. Phil Collins, Battisti, Dalla… ma anche Vivaldi, Verdi, Puccini. Nell’adolescenza ho passato varie fasi. I Beatles mi hanno cambiato la vita, sono rimasta stregata da Pino Daniele, Sting, Stevie Wonder e poi Joni Mitchell, Incognito, Niccolò Fabi, Damien Rice e Dave Matthews band.
Come hai vissuto il periodo di lockdown e cosa rappresenta per un’musicista un momento di riflessione “imposta”?
So che sto per dire qualcosa di molto forte, ma per me il lockdown è stato un “meraviglioso momento di riflessione imposta”. Mi occupo di didattica della voce, quindi on line ho cercato di continuare a prendermi cura dei miei ragazzi, anche leggendo loro ogni sera il capitolo di un libro per farli sentire meno lontani. Per il resto ho imparato a rallentare, a capire quali sono le mie priorità. Ho capito quanto ascoltarsi nel silenzio sia fondamentale e quanto sia bello poter fermare tutti gli impegni e studiare. Al momento della ripresa lavorativa, mi sono imposta una maggiore cura di me e ho selezionato le persone con le quali voglio trascorrere la mia vita ed i progetti nei quali investire le mie energie.
Quali programmi per il futuro?
Sembra retorica, ma ho smesso di programmare. La vita ci insegna che più programmiamo e più le cose vanno in una direzione opposta, portandoci alla fine nel luogo migliore che avessimo potuto sperare. Accolgo serenamente l’inaspettato, ma è ovvio che “Fogli che raccontano”, al momento, ha la priorità su tutto.