Recensione – “Tra i miei disordini” di Capolupo

Recensione – “Tra i miei disordini” di Capolupo

Recensione – “Tra i miei disordini” di Capolupo
Un debutto solista che sceglie il silenzio al clamore, la verità al compiacimento

C’è un momento in cui il rumore smette di convincere. In cui le parole levigate per piacere non bastano più. È da quel momento – fragile, ostinato, autentico – che nasce “Tra i miei disordini”, il primo album solista di Capolupo, pubblicato da Diecigocce Records. Un disco che non insegue mode, ma si lascia abitare dal caos dell’esistenza con pudore e grazia, come un diario aperto solo a chi è disposto ad ascoltare con attenzione.

Capolupo, al secolo Antonio Capolupo, non è nuovo alla scrittura: la sua voce ha attraversato band, progetti acustici, palchi importanti. Ma è in questo lavoro che sembra finalmente trovare la misura più esatta del suo sentire. Lontano dal frastuono, vicino all’essenziale. “Tra i miei disordini” è un concept album che scava nella complessità dell’animo umano con la delicatezza di chi ha imparato a convivere con le proprie crepe, senza farne bandiera ma nemmeno nasconderle.

Dieci tracce che alternano suoni elettro-acustici, venature industrial, dettagli minimali e una scrittura sempre intima, mai banale. Si parla di relazioni, memoria, solitudine, riconciliazioni. Ma non c’è nulla di costruito: ogni brano sembra nascere da un’urgenza sincera, come “Un giorno qualunque bellissimo”, che celebra la bellezza nascosta nella ripetizione quotidiana, o “Un’altra volta”, confessione in bilico tra giudizio e riscatto. C’è spazio per la malinconia, certo, ma anche per la gratitudine. Per il perdono. Per i piccoli gesti che restano impressi, anche quando sembrano invisibili.

La scrittura di Capolupo è narrativa e musicale insieme: evoca immagini, ma lascia spazi vuoti perché sia l’ascoltatore a riempirli con la propria storia. Non cerca l’effetto, ma l’eco. Il risultato è un disco che non ti afferra al primo ascolto, ma che lentamente si insinua e resta. Un lavoro che ha il coraggio di essere personale in un tempo che spesso premia l’indistinto.

Da segnalare anche l’aspetto solidale dell’album: l’intero ricavato delle vendite in vinile sarà devoluto alla Fondazione ANT Italia Onlus, che offre assistenza domiciliare ai malati oncologici. Un gesto che non fa da cornice, ma che rispecchia esattamente il cuore del progetto: trasformare il dolore in cura, il disordine in possibilità, la musica in presenza concreta.

In un panorama musicale che tende a produrre più che a raccontare, “Tra i miei disordini” è un esordio che sorprende per la sua coerenza e profondità. È un disco da ascoltare senza fretta, da lasciar decantare. Perché alcune verità – le più sincere – non si dicono a voce alta. Si sussurrano. E Capolupo, in questo, ha trovato la sua voce.