Diamo oggi il benvenuto a Tommaso Imperiali, artista poliedrico che sta raccogliendo consensi crescenti nel pubblico italiano. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro “Inni generazionali”, pubblichiamo con estremo interesse l’intervista a Tommaso Imperiali, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Apprenderemo curiosità, vizi e virtù della musica e della vita, Tommaso Imperiali ci condividerà con quelle che sono le collaborazioni, le esperienze, e i progetti futuri. Tuffiamoci in questo mondo speciale e diamo un caloroso benvenuto a Tommaso Imperiali!
Com’è nata tua la passione per la musica?
Ho iniziato come chitarrista, prima a scuola, poi con la band, e negli anni del liceo ho studiato con Alex Gariazzo (chitarrista della Treves Blues Band). La prima passione è stata proprio il blues: con gli altri ragazzi della band siamo letteralmente cresciuti insieme, ascoltando, scoprendo e suonando il blues e il rock americano.
Com’è nato “Tommaso Imperiali” e il suo personaggio, il suo sound?
Con i Five Quarters siamo stati a lungo una band in senso stretto. Tra il 2015 e il 2022 abbiamo fatto oltre 150 live e pubblicato un Ep e un album. Poi dal 2022 ho deciso di lavorare da “solista” in senso discografico, proprio per dare un’identità precisa per quanto riguarda il sound e i testi. I Five restano comunque la mia live band e ancora oggi mi accompagnano nella grandissima parte dei concerti.
Prima l’uovo (il testo) o la gallina (la musica). Com’è stato il processo di creazione di “Inni generazionali”?
La metafora è azzeccata perché non c’è una risposta: come per tutti i brani è stato un processo abbastanza circolare. In questo caso la prima frase che ho buttato giù è stata la seconda strofa (“senza nemmeno una canzone che faccia il nostro nome, condannati al fallimento o alla brutta imitazione”). A partire da lì, poi a poco a poco tutto il pezzo ha preso forma.
Il lavoro è accompagnato da un video?
Esatto, c’è un lyric video realizzato da Giada Garattoni, girato ai 300 scalini, un posto magico appena fuori Bologna.
E l’album da cui è estratto? Oppure è in cantiere un album che lo conterrà?
Forse è ancora presto per definirlo “in cantiere” ma sicuramente arriverà. Ho un po’ di demo pronte, nelle prossime settimane ci troveremo con Lorenzo Cazzaniga – produttore e arrangiatore di tutti i miei brani – e decideremo su quali iniziare a mettere le mani.
Cos’è per te l’arte, la musica?
Sono sempre un po’ in imbarazzo quando si parla di “arte” a proposito della mia musica. Penso che si possa definire “arte” un brano di Bach, di Bowie o di Dalla, le mie “sono solo canzonette”. Che poi anche le canzoni possano salvare le vite è un altro discorso…
Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?
Il primo obiettivo è quello di riuscire a far sì che le persone provino qualcosa mentre ascoltano una tua canzone. Il terrore più grande che ho è di diventare quel tipo di cantautore che canta per se stesso: anche per questo il live è così importante, perché è solo in quel momento che capisci davvero se una canzone riesce a parlare a chi è venuto a sentirti.
Parliamo delle tue pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi?
Il live è sicuramente l’ambito che mi ha dato di più in questi anni. Penso sia la parte più bella e allo stesso tempo la più importante di questo mestiere. In questi anni ne abbiamo fatti oltre 200 e cerchiamo di rendere ogni live una festa e un momento unico.
Per quanto riguarda i concorsi le esperienze più grande è stata senza dubbio Area Sanremo, nel 2023, dove con Ragazzini Viziati sono entrato tra i finalisti. Un altro contest che mi fa piacere citare perché mi ha dato tanto, al di là della vittoria, è sicuramente Cover Me, il concorso dedicato a Springsteen che mi ha aperto tante grandi opportunità in questi anni.
Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?
Vado controcorrente e dico che sono ottimista. C’è una scena che potremmo definire di “cantautorato rock” che in Usa e Inghilterra è già un fenomeno dominante. In Italia secondo me sta arrivando.
Ovviamente le cose da migliorare ci sono e sono molte: se posso sceglierne una sola, sarebbe bello ci fossero più piccoli club e locali dove suonare. Noi siamo cresciuti a Como e la possibilità di suonare tantissimo in piccoli club della zona– penso su tutti un posto storico come l’Unaetrentacinquecirca – ci ha dato tanto. Oggi molti di questi posti hanno chiuso, per il covid o per difficoltà economiche, e questa è una perdita gravissima per chi inizia adesso a fare musica.
Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigli di ascoltare?
Ragazzini Viziati, il mio preferito. Poi se vi piace, già che siete su Spotify, date un ascolto a tutto il primo album, Meccanismi di difesa,
Progetti a breve e lungo termine?
A breve sicuramente tantissimi live. Abbiamo diverse date in programma quest’estate, soprattutto in Lombardia ed Emilia-Romagna. Alcune saranno full band insieme ai Five Quarters, altre in duo acustico insieme a Daketo.